Nascita delle nazioni
I processi di formazione delle nazioni sono da sempre intrinsecamente legati ai grandi eventi del carattere mobilitante per le comunità che si ritrovavano nel vivo degli accadimenti. Tali eventi possono avere natura culturale o economica, ma più frequentemente si tratta di un conflitto, sia estero, sia intero.
Se si guarda retrospettivamente ai processi di costruzione nazionale, diviene chiaro come il conflitto ne sia una parte inseparabile. La formazione della nazione germanica, oltre alla figura culturale di M. Lutero, ai processi della Riforma, alle guerre napoleoniche, subì anche l’influenza della guerra franco-prussiana e della disfatta austriaca nella battaglia di Sadowa. La formazione della nazione italiana è impensabile senza i conflitti del Risorgimento e della Prima guerra mondiale che in gran parte determinarono la traiettoria del successivo sviluppo del paese. La nazione francese si definì un po’ prima, a seguito delle guerre rivoluzionarie sfociate nei conflitti napoleonici.
Nel contesto della costruzione nazionale sovietica si possono rintracciare tratti simili. Uno degli elementi principali che costruirono la società fu la memoria della rivoluzione del 1917 e della seguente guerra civile. Questi eventi ebbero un’importanza centrale per i rappresentanti del potere sovietico e furono costantemente ritrasmessi.
È curioso il caso della Grande guerra patriottica, così viene chiamato dai russi il capitolo della Seconda guerra mondiale che vide lo scontro all’ultimo sangue fra Germania nazista e URSS fra 1941 e 1945, che per dimensioni superava la guerra civile, ma non fu introdotta nella cerchia dei principali miti costitutivi a livello di retorica ufficiale. Tuttavia, il contributo decisivo alla Seconda guerra mondiale e la vittoria nella Grande guerra patriottica ebbero un’importanza cruciale per le generazioni (post)belliche, poiché la memoria di essa era più vivida, dato che il conflitto aveva toccato quasi tutte le famiglie dell’URSS. La letteratura e il cinema sovietici riempirono attivamente lo spazio culturale con opere dedicate alla guerra e alle imprese eroiche degli uomini sovietici (sono significativi i libri come “Vasilij Tёrkin” di A. Tvardovskij, “La storia di un uomo vero” di B. Polevoj, “Qui le albe sono quiete…” e “Non figurava negli elenchi” di B. Vasil’ev, oltre tante pellicole girate sui temi bellici), il 9 maggio divenne nella memoria popolare un giorno di commemorazione dei caduti, di incontro tra ex combattenti e di celebrazioni locali, perciò il significato della festa era grande. Di fatto, divenne il più importante fattore unificante per i popoli del paese, sebbene non fosse ancora strumentalizzato dalle élite sovietiche.
La particolarità russa: figli di due miti
Il mitologema di lotta e seguente vittoria su un temibile avversario, dunque, avrà sempre un significato costitutivo per qualsiasi comunità.
La Russia contemporanea, in questo senso, si muove secondo una logica simile, però qui si può anche rintracciare una specifica tendenza che si potrebbe caratterizzare come una “realtà di due mitologemi” che tendono a sovrapporsi l’uno all’altro e a fondersi gradualmente in un’unica entità.
Dopo il crollo dell’URSS e, di fatto, la limitazione della sovranità del paese, la neoformata Federazione Russa si trovò in una fase di transizione, definita “i selvaggi anni Novanta” (Likhiye devyanostye), caratterizzata da una brusca rottura del precedente ordine di vita e dalla formazione di un sistema democratico e di un’economia di mercato. Questo periodo rimase nella memoria popolare come un’epoca di disunione, illegalità e criminalità. Proprio quegli anni iniziò a manifestarsi un complesso di “potenza perduta”. L’unico evento capace di unire tutte le persone divenne la vittoria del ‘45, poiché fino a quel momento non era stata appropriata da nessuna forza politica. Dunque, era un evento “puro” che suscitava un senso di coesione del popolo attorno a quella data, in modo simile a come il popolo sovietico si era unito contro l’invasore. Proprio per questo la celebrazione del Giorno della Vittoria divenne regolare proprio nel 1995, nel pieno del periodo di transizione.
L’ascesa al potere di Vladimir Putin consolidò definitivamente lo status del Giorno della Vittoria nella narrazione ufficiale. Il presidente è associato dal popolo all’avvento della chiarezza e dell’ordine, alla “vittoria” sul caos. I rappresentanti dell‘intellighenzia di orientamento statale parlano della formazione di un rinnovato sistema dello Stato organico e del rifiuto dei valori liberali occidentali imposti.
Ad esempio, V. Surkov, ex consigliere del presidente della Federazione Russa, in uno dei suoi articoli intitolato “Il duraturo Stato di Putin”, individua 4 forme di statualità russa, concettualmente unite dalla natura del potere statale, le cui caratteristiche distintive sono un forte potere centrale e un controllo “non dissimulato” (in contrapposizione a quanto accade nei paesi democratici) da parte delle strutture di forza dello Stato che rappresentano, usando la terminologia di Surkov, “brutali costruzioni dell’ossatura di potenza, non coperte da alcuna superfluità architettonica”. Questa “sincerità” del potere nel dimostrare le proprie forze al popolo ne evoca un sentimento di rispetto e di sicurezza sotto la cura dello Stato.
Da questa prospettiva, tutte le forme storiche dello Stato russo sono basate sulle stesse fondamenta, su cui si costruiscono le forme storiche del potere. Così, al posto dello Stato di Ivan III (XV-XVII secolo), formatosi dopo la caduta del giogo tataro-mongolo e l’ottenimento dell’indipendenza nel 1480, subentrò lo Stato di Pietro il Grande, che assunse la forma di impero nel 1721. Lo Stato di Lenin sorse nel 1924 a seguito della rivoluzione del 1917 e della guerra civile, mentre lo “Stato di Putin” – che rappresenta una trasformazione adattata alle esigenze moderne, pur conservando i tratti originari sopra elencati – emerse nel 2000.
Una simile visione è condivisa da diversi rappresentanti dello spazio pubblico russo, lo “Stato di Putin”, a loro parere, ha riportato il paese sul suo percorso di sviluppo naturale e organico, e proprio per questo è stato chiamato “duraturo”.
Un nuovo mito per la Russia?
In questo contesto, si può parlare anche della formazione di una rinnovata comunità, di una nuova “nazione russa”, il cui mito costitutivo rimane la vittoria del ‘45 ma che già si percepisce come “insufficiente”, richiedendo un nuovo evento mobilitante che è diventata l’Operazione militare speciale in Ucraina (l’OMS), come viene definita dai russi la guerra contro Kiev. Qui non si tratta dell’aspetto militare della questione, ma dei simboli e dei significati che vengono gradualmente attribuiti a questo conflitto.
Un documentario su Putin uscito nel marzo 2025 e intitolato “Russia. Cremlino. Putin. 25 anni” è un esempio lampante dell’importanza ideologica dell’OMS per il potere contemporaneo. Il presidente della Federazione Russa traccia ripetutamente parallelismi tra l’eroismo dei soldati russi sui fronti dell’OMS e i guerrieri sovietici. Sia i primi che i secondi combattono per il futuro del paese contro il nazismo, e allora come tanti anni fa, il popolo russo trova in sé la forza per le imprese eroiche, sopportando ogni sorta di difficoltà e rinunciando ai beni della modernità in nome della “grande idea russa” che oggi come allora si cristallizza sotto la pressione dei paesi-membri di una “Anti-Russia”, usando la terminologia di Putin.
Gli eventi dell’OMS, dunque, stanno diventando un nuovo evento costitutivo per la società russa contemporanea. Tuttavia, il suo ruolo, nonostante gli sforzi delle figure politiche, sia incomparabile per dimensioni con la guerra del 1941-1945, e quindi non può fungere da mito costitutivo. Allo stesso tempo, la Grande guerra patriottica sta inevitabilmente diventando oggetto di storia, nonostante i tentativi di riattualizzarla ripetutamente nella memoria popolare (si pensi al suggestivo “Reggimento Immortale”, alle “Strade della Vittoria” o all’iniziativa “Memoria del Popolo”).
In questo contesto, l’OMS diventa un “supplemento” al più grande mitologema della Grande guerra patriottica, destinato a infondere in quest’ultima nuove forze attraverso l’idea di “completare l’opera degli antenati” nella distruzione di “nuovi germogli di un nazismo schiacciato ma non morto”. La simbolica sovietica da associarsi con l’OMS, la retorica della “continuazione dell’opera dei nonni”, l’attività delle integrazioni degli ex combattenti nelle strutture statali (soprattutto di sistema scolastico e di amministrazione locale) si mostrano l’accumulazione delle risorse sul livello “basso” per la futura omogeneizzazione dei mitologemi.
La tendenza all’avvicinamento di questi due eventi si è delineata nella narrazione ufficiale. Le azioni come “Reggimento immortale dell’OMS” o “Gli eroi dell’OMS” (che contiene anche i romanzi a fumetto dedicati ai guerrieri) mostrano il vettore dell’identificazione semantica delle “memorie” del conflitto, associandone con le iniziative simili dedicate alla Grande guerra patriotica.
Il momento del fissaggio ufficiale di tale posizione avrebbe potuto essere l’80° anniversario della Vittoria, e precisamente, nel tradizionale discorso di Putin prima dell’inizio della parata, ma ciò non è avvenuto. Il presidente non ha quasi parlato dell’OMS, il suo discorso si è concentrato sui problemi della memoria storica e della sua conservazione. Il leader ha nuovamente sottolineato il ruolo del popolo sovietico nella lotta contro il nazismo, rispondendo così al precedente discorso di Donald Trump, in cui quest’ultimo aveva rivendicato il ruolo esclusivo degli americani nella vittoria sull’Asse.
Se la retorica di Putin ha compiuto un “ritorno” alla dimensione storica, il nuovo ministro della Difesa Andrej Belousov nel suo articolo dedicato all’80° anniversario della Vittoria ha invece dichiarato: “Oggi di fronte alla Federazione Russa, alle nostre Forze Armate, si pongono compiti non meno significativi che negli anni della Grande guerra patriottica. Così come in quei giorni difficili, la leadership statale e militare si trova già nel corso di un’intensa lotta armata a rivedere alcuni importantissimi punti di vista strategico-militari non solo basandosi sull’esperienza delle guerre del passato, ma anche sulla pratica della vita”. Si sottolinea così l’importanza fondamentale del momento per la nazione, così come è stata la Grande guerra patriotica per lo Stato sovietico.
L’80° della Vittoria, un’occasione perduta?
Ci sono ragioni per ritenere che l’unificazione dei mitologemi avrebbe potuto avvenire solo nel caso in cui il conflitto in Ucraina fosse stato completato entro il 9 maggio 2025. L’attenzione alle date simboliche non è casuale, gli eventi si usano in questo modo nella costruzione della narrativa ufficiale per sottolineare legami inseparabili con il passato. Ciononostante, senza la conclusione della pace, il fissaggio di una simile retorica avrebbe potuto avere un effetto contrario, poiché sarebbe emersa troppo chiaramente la strumentalizzazione della memoria storica, il che avrebbe solo accelerato la desacralizzazione dell’evento, ed è per questo che i funzionari non osano porre un punto che darebbe inizio a una nuova epoca nella vita dello Stato.
Molto probabilmente, la sovrapposizione di questi mitologemi avverrà dopo la conclusione dell’OMS e costituirà la base per la formazione di una nuova generazione di russi. Per ora, queste due tendenze tendono ad avvicinarsi, ma non si toccano mai direttamente, nonostante la presenza nella narrazione ufficiale di una retorica che le identifica.
Le opinioni espresse negli articoli del Belfablog sono quelle dei rispettivi autori e potrebbero non rispecchiare le posizioni del Centro Studi Machiavelli.
Nato nel 1998 a Uvarovo, nella regione di Tambov, ha studiato storia e letteratura italiana. Attualmente è dottorando in Storia presso l’Università Statale per le scienze umanistiche di Mosca (RGGU), dove si occupa di storia intellettuale e filosofia politica.
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