L’Indo-Pacifico è una delle regioni geografiche ed economiche più cruciali al mondo, non solo per l’importanza delle nazioni che la compongono, ma anche per la stabilità globale e la sicurezza internazionale. Comprendendo una vasta area che include l’Oceano Indiano, il Pacifico occidentale e le terre che vi si affacciano, l’Indo-Pacifico è diventato un centro di dinamiche geopolitiche ed economiche fondamentali, con un impatto significativo sulla politica globale, sul commercio internazionale, sulle risorse naturali e sulla sicurezza. Le ragioni che rendono questa regione così importante sono dunque molteplici e, di seguito, ne esploriamo ed analizziamo le principali.

La centralità economica dell’Indo-Pacifico si è affermata nel corso del tempo come il motore principale della crescita economica globale. La regione ospita alcune delle economia più dinamiche del mondo, tra cui Cina, India, Giappone, Australia, Corea del Sud, Indonesia, e il Sud-Est asiatico. In particolare, l’Asia ha visto una straordinaria espansione economica negli ultimi decenni, facendo dell’Indo-Pacifico un polo fondamentale per il commercio mondiale, l’industria tecnologica, l’innovazione e la produzione.

Per comprendere la crescente importanza geopolitica e strategica di questa articolata regione bisogna ricordare che circa il 65% del commercio globale transita attraverso le rotte marittime dell’Indo-Pacifico. I principali stretti marittimi, come lo Stretto di Malacca e lo Stretto di Hormuz, sono tra i passaggi più trafficati al mondo per il trasporto di beni, inclusi energia, prodotti manifatturieri e materie prime.

L’Asia, in particolare la Cina, l’India e i Paesi del Sud-Est Asiatico, stanno vivendo un’espansione della classe media che sta alimentando la domanda di beni di consumo, tecnologie avanzate, e servizi. Questo ha reso la regione un mercato di consumo cruciale, con aziende globali che cercano di accedere a milioni di nuovi consumatori. L’Indo-Pacifico è anche il cuore delle supply chains ovvero delle catene di approvvigionamento globali. Molti Paesi della regione, come la Cina e l’India, sono grandi produttori di beni a basso costo, mentre Giappone, Corea del Sud e Australia sono leader in tecnologie avanzate e risorse naturali. La regione è inoltre cruciale per la produzione e la distribuzione di componenti tecnologici, come i semiconduttori e i dispositivi elettronici.

L’Indo-Pacifico è diventato un centro di competizione geopolitica tra le principali potenze globali, in particolare tra Stati Uniti e Cina, ma anche tra altre potenze regionali come India, Giappone e Australia. La Cina è la potenza dominante nell’Indo-Pacifico in termini economici e, sempre più, anche militari. La sua crescente infrastruttura navale, la costruzione di isole artificiali nel Mar Cinese Meridionale e il suo programma Belt and Road Initiative projects (BRI) hanno rafforzato il suo impegno economico e strategico nella regione. Questo ha generato preoccupazioni tra i Paesi vicini e le potenze occidentali per l’accresciuto controllo marittimo della Cina e le sue numerose rivendicazioni territoriali. Gli Stati Uniti hanno una presenza militare significativa nell’Indo-Pacifico, con basi in Giappone, Corea del Sud, Filippine e in Australia. In risposta alla crescente influenza della Cina, gli Stati Uniti hanno intensificato la cooperazione con alleati regionali come Giappone, India, Australia nel contesto del Quad – il Quadrilateral Security Dialogue – un forum strategico che mira a promuovere la libertà di navigazione, la sicurezza marittima e l’ordine basato su regole di diritto internazionale.

La regione è anche caratterizzata da dispute e conflitti territoriali in luoghi come il Mar Cinese Meridionale e il Kashmir, tra India e Pakistan, che rimangono fonti di tensione geopolitica e potenziali o ulteriori conflitti. Infine, va ricordato che la regione ospita potenze nucleari come Cina, India, Pakistan e Corea del Nord, con la questione della proliferazione nucleare che rimane una preoccupazione centrale per la sicurezza internazionale e, ovviamente, anche a livello regionale.

L’Indo-Pacifico è una delle regioni al mondo più ricche di risorse naturali e allo stesso tempo una delle più vulnerabili agli impatti del cambiamento climatico. Il Mar Cinese Meridionale, il Mar delle Filippine e il Pacifico sono ricchi di risorse naturali, come pesci, petrolio e gas. L’accesso a queste risorse è un fattore critico per la sicurezza alimentare, energetica e ambientale di molti Paesi. Tuttavia, la competizione per il controllo di queste risorse è una delle principali cause di conflitti territoriali, in particolare nel Mar Cinese Meridionale. L’Indo-Pacifico è anche un passaggio fondamentale per il commercio di petrolio e gas naturale liquefatto, con l’Oceano Indiano che rappresenta un punto nevralgico per il traffico energetico. Le tensioni sulle rotte energetiche, come lo Stretto di Malacca, sono diventate cruciali per tutte le principali potenze globali. La regione è estremamente vulnerabile agli effetti del cambiamento climatico, in particolare le isole del Pacifico, che affrontano il rischio di innalzamento del livello del mare. Paesi come Kiribati, Figi e Tuvalu sono tra i più minacciati, e la loro sopravvivenza dipende in gran parte dagli sforzi internazionali per combattere il cambiamento climatico.

Una regione complessa e popolosa

L’Indo-Pacifico ospita alcune delle popolazioni più numerose e anagraficamente giovani del mondo. Questo comporta enormi opportunità economiche, ma anche significative sfide. Paesi come India, Indonesia, Pakistan e Bangladesh hanno milioni di abitanti, con un’enorme domanda di risorse alimentari, educazione e opportunità di lavoro. Questo rappresenta sia una risorsa per il mercato globale sia una pressione per i governi locali per garantire una crescita sostenibile. La regione sta vivendo un processo di urbanizzazione rapida, con città come Delhi, Shanghai, Jakarta e Manila che affrontano sfide relative alla gestione delle risorse, all’inquinamento e alla creazione di infrastrutture per le loro popolazioni in crescita. Paesi come Giappone, Corea del Sud, Singapore e India sono leader nell’innovazione tecnologica, e la regione è un centro per lo sviluppo di tecnologie digitali, robotica, intelligenza artificiale e tecnologie verdi.

La regione è anche una parte integrante di numerose organizzazioni multilaterali, che mirano a promuovere la cooperazione regionale e risolvere le sfide comuni. L’ASEAN (Association of Southeast Asian Nations) è un forum importante per la diplomazia regionale e la cooperazione economica. Promuove il dialogo tra le potenze regionali e le questioni di sicurezza, inclusa la gestione delle risorse naturali e la gestione dei conflitti mentre l’APEC (Asia-Pacific Economic Cooperation) è un altro forum che promuove la cooperazione economica e commerciale, cercando di favorire la crescita sostenibile e inclusiva nella regione.

L’Indo-Pacifico è una regione che gioca un ruolo fondamentale nelle dinamiche globali, sia per le sfide geopolitiche che per le opportunità economiche che offre. Il suo commercio marittimo, la competizione per le risorse naturali, le tensioni geopolitiche e il cambiamento climatico sono tutte questioni che influenzano non solo i Paesi della regione, ma anche l’intero sistema internazionale. La sua crescente centralità ed importanza è legata non solo alla sua posizione strategica, ma anche alle risorse naturali, alle rotte commerciali strategiche e alle sfide geopolitiche che coinvolgono le principali potenze mondiali. La regione continuerà quindi ad essere sia un campo di competizione, ma anche di cooperazione, tra potenze globali e regionali.

Le sfide strategiche e geopolitiche dell’Indo-Pacifico

Le sfide geopolitiche dell’Indo-Pacifico sono estremamente complesse e in continua evoluzione, poiché la regione è al centro di dinamiche globali che coinvolgono potenti attori internazionali, alleanze strategiche, dispute territoriali e questioni economiche cruciali. L’Indo-Pacifico è una delle regioni più dinamiche e contestate al mondo, con una crescente competizione tra le principali potenze globali, tra cui Stati Uniti, Cina, India, Giappone oltre ad altre potenze regionali.

La competizione geopolitica tra Stati Uniti e Cina è una delle principali sfide che definiscono la geopolitica dell’Indo-Pacifico. Entrambi i Paesi cercano di estendere la loro influenza nella regione, ma con approcci e obiettivi diversi.

La Cina sta cercando di consolidare la sua posizione dominante attraverso la Belt and Road Initiative projects (BRI), che mira a costruire infrastrutture e collegamenti economici tra la stessa Cina e numerosi Paesi dell’Indo-Pacifico, oltre ad esercitare una crescente influenza politica e militare. La Cina ha costruito e militarizzato diverse isole artificiali nel Mar Cinese Meridionale, una zona contesa con vari Paesi – tra i quali Filippine, Vietnam, Malesia, Brunei e Taiwan – aumentando le tensioni sulla libertà di navigazione e l’accesso alle risorse naturali.

Gli Stati Uniti sono impegnati a mantenere la loro leadership strategica nell’Indo-Pacifico, attraverso le storiche alleanze con Giappone, Corea del Sud, Australia, e altri Paesi, oltre a promuovere l’iniziativa del Free and Open Indo-Pacific (FOIP) come principio fondamentale per la sicurezza e la stabilità regionale. Gli Stati Uniti sono anche preoccupati per la crescente presenza militare cinese nella regione e hanno rafforzato le loro esercitazioni militari congiunte con alleati e partner regionali.

Il Mar Cinese Meridionale è uno degli scenari geopolitici più caldi e problematici dell’Indo-Pacifico. La Cina, le Filippine, il Vietnam, la Malesia, il Brunei e Taiwan si contendono il controllo su isole, scogliere e risorse naturali, quali petrolio e gas naturale, in questa area strategica del mondo. Le rivendicazioni sovrapposte hanno provocato numerosi incidenti, e la militarizzazione da parte della Cina delle isole artificiali ha aumentato le tensioni con gli altri Paesi rivendicatori e con gli Stati Uniti. La Corte Permanente di Arbitrato de L’Aia, nel 2016, ha emesso una sentenza che ha respinto la maggior parte delle rivendicazioni territoriali cinesi, ma la Cina ha rifiutato di rispettare la decisione, continuando a rafforzare in modo costante la sua presenza militare nella regione. La libertà di navigazione è una questione centrale e di fondamentale importanza strategica nella regione, dato che circa un terzo del commercio marittimo mondiale transita attraverso questo mare. Gli Stati Uniti e altri Paesi, come il Giappone e l’India, hanno ripetutamente effettuato operazioni di navigazione libera (Freedom of Navigation Operations – FONOPs) per contestare le rivendicazioni cinesi e mantenere aperti gli stretti marittimi.

Tensioni in Himalaya e la “NATO del Pacifico”

Le tensioni tra India e Cina sono un’altra sfida geopolitica rilevante nella regione. Sebbene entrambi i Paesi siano potenze nucleari e abbiano una crescente influenza economica, le loro relazioni sono segnate da rivalità storiche e dispute territoriali. La lunga disputa sul confine himalayano, in particolare nella zona del Ladakh, ha portato a scontri violenti nel 2020, con perdite di vite umane. Le tensioni non sono state completamente risolte e rimangono una minaccia per la stabilità regionale. La Via della Seta e la strategia della Cina con la crescente penetrazione cinese nei Paesi vicini all’India, come Sri Lanka, Pakistan e Nepal, ha preoccupato Nuova Delhi, che teme che la Cina stia cercando di accerchiarla attraverso la Belt and Road Initiative projects e altre iniziative.

Un altro aspetto cruciale della geopolitica dell’Indo-Pacifico è il Quad (Quadrilateral Security Dialogue), che include Stati Uniti, Giappone, India e Australia. Questa intesa, pur non essendo una vera e propria alleanza militare, ha come obiettivo la promozione della libertà di navigazione, la sicurezza marittima e la stabilità regionale. Il Quad è visto dalla Cina come un tentativo di contenere la sua crescita e la sua espansione nell’Indo-Pacifico e ha guadagnato importanza negli ultimi anni con esercitazioni militari congiunte e il rafforzamento della cooperazione in settori come la cybersecurity, la sanità, e le tecnologie emergenti. La Cina ha risposto accusando gli Stati Uniti di voler creare una sorta di “NATO dell’Indo-Pacifico”, un’idea che Pechino considera una minaccia diretta alla sua sovranità e ai suoi interessi nell’area.

Il ruolo dell’India

L’India è un attore centrale nell’Indo-Pacifico, con una potenza economica crescente, una forza militare significativa e una democrazia che le conferisce un’importanza strategica nella regione. L’India sta cercando di rafforzare la sua influenza attraverso iniziative come la Act East Policy, che mira a migliorare le sue relazioni con i Paesi del Sud-Est Asiatico, l’Australia, il Giappone, e gli Stati Uniti. Tuttavia, la sua rivalità con la Cina, soprattutto sulle questioni territoriali, resta un ostacolo significativo alla stabilità regionale. L’India sta anche cercando di sfruttare il suo ruolo di leader in vari forum regionali, come l’ASEAN Regional Forum (ARF) e l’East Asia Summit (EAS), cercando di espandere la sua già importante influenza nel contesto dell’Indo-Pacifico.

Infine, va annotato che la proliferazione nucleare è una preoccupazione crescente nell’Indo-Pacifico. La Cina, l’India, e il Pakistan sono le potenze nucleari nella regione, e la Corea del Nord è un altro attore destabilizzante con il suo programma nucleare e missilistico. Le tensioni in Kashmir, tra India e Pakistan, e la crescente corsa agli armamenti tra Cina e India sono preoccupazioni costanti per la pace e la sicurezza regionale.

L’Indo-Pacifico è anche un epicentro della competizione economica globale, con le potenze regionali che cercano di attrarre investimenti e tecnologie avanzate. La Cina sta cercando di espandere il suo mercato attraverso la Belt and Road Initiative projects, ma ci sono resistenze da parte di alcuni Paesi, che temono la dipendenza economica e l’influenza strategica cinese. Paesi come l’Australia e l’India stanno quindi cercando di diversificare le loro catene di approvvigionamento, con una crescente attenzione verso l’Indo-Pacific Economic Framework (IPEF) promosso dagli Stati Uniti, che mira chiaramente a contrastare l’influenza economica cinese.

La presenza militare cinese nel Pacifico

La Repubblica popolare cinese, dall’elezione di Xi Jinping come capo di Stato, ha identificato il Mar Cinese Meridionale come un’area di grande importanza geopolitica per il perseguimento delle sue peculiarità geofisiche e di specifiche priorità politico-strategiche.

Queste considerazioni cinesi per il Mar Cinese Meridionale (SCS) hanno portato ad un aumento della presenza dell’Esercito Popolare di Liberazione (PLA) all’interno di questa zona geo-marittima, in particolare nelle vicinanze degli arcipelaghi Spratly e Paracel a causa della loro vicinanza alle aree strategicamente più rilevanti di questo mare semi-chiuso. Di fronte a queste considerazioni, si vuole comprendere quali siano le aree del SCS considerate dalla RPC di distinto interesse strategico e quindi a valutare come queste influiscano sulla definizione delle priorità politico-strategiche teorizzate da Pechino e sulle conseguenti strategie militari.

Con l’elezione di Xi Jinping a capo dello Stato nel 2013, la Repubblica popolare cinese ha avviato un ampio programma chiamato “Sogno della Cina”, mirato a modernizzare la nazione per metterla in grado di aumentare la sua influenza politica e militare nell’area geo-marittima vicino al suo segmento costiero che comprende le due sponde del Mar Cinese Orientale e Meridionale, rispettivamente delimitati ad ovest dalla costa asiatica e ad est dalla cosiddetta prima catena insulare che comprende l’arcipelago giapponese, Taiwan e le Filippine.

All’interno di questa zona geo-marittima, una buona parte degli interessi politico-militari della Cina è diretta verso il Mar Cinese Meridionale, a causa della presenza, all’interno delle sue acque, di alcune zone detenute da Pechino di particolare importanza geostrategica, come lo stretto di Luzon e Malacca.

L’attribuzione, da parte della Repubblica popolare cinese, di una grande importanza strategica alle aree sopra menzionate ha rappresentato un fattore di condizionamento vitale nell’elaborazione del suo programma di militarizzazione per lo SCS, finalizzato principalmente a rispondere a due esigenze politico-strategiche.

Il primo prevede di opporsi alla presenza politico-militare degli Stati Uniti, principalmente concentrati nell’arcipelago filippino, dove Washington ha messo in suo possesso le più grandi basi. Tra questi, Pechino considera particolarmente pericolosa la zona militare di Antonio Bautista, situata vicino all’Isola di Palawan, dove l’aeronautica statunitense ha posizionato il Terminal High Altitude Area Defense (THAAD), un sistema missilistico che può colpire obiettivi localizzati sia lungo la sua costa quanto alcune delle isole artificiali che ha costruito nell’arcipelago delle Spratly.

La seconda priorità politico-strategica riconosciuta dalla Repubblica popolare cinese per il Mar Cinese Meridionale è la supervisione delle aree che ritiene più strategicamente preziose, come lo stretto di Malacca e di Luzon.

Ci sono almeno due motivi per cui Pechino deve concentrare la sua attenzione su Malacca e Luzon. Il primo include il fatto che essi rappresentano i due punti di ingresso e di uscita più estesi dal SCS, da cui si deduce che la loro padronanza permette di controllare le linee principali di comunicazione marittima che attraversano questo mare semi-chiuso. Il secondo motivo, in particolare Luzon, è che esso rappresenta uno stretto di particolare importanza strategica per la RPC. Il suo possibile controllo consentirebbe l’accesso diretto al Pacifico aperto, evitando così l’ostacolo al nord rappresentato dai territori delle isole giapponesi, in particolare il canale di Miyako.

L’attribuzione da parte di Pechino di grande importanza geostrategica allo stretto di Malacca e Luzon ha guidato il presidente, in un accordo congiunto con il PLA, ad elaborare una dottrina strategico-militare volta ad accrescere la sua presenza nelle zone più vicine, come la sua riva meridionale, l’isola di Hainan, e gli arcipelaghi di Spratly e Paracel. Tra queste tre aree, lo spazio geo-marittimo compreso tra la costa meridionale cinese e l’isola di Hainan rappresenta un unico spazio geostrategico, la cui importanza tattico-militare è ascrivibile alla posizione frontale della penisola di Laizhou verso Hainan, che a sua volta è notevole per la sua vicinanza agli arcipelaghi del Paracel e delle Spratly. La combinazione di queste posizioni ha portato, conseguentemente, la Repubblica popolare cinese a stabilire un comando militare per il Mar Cinese Meridionale che comprendesse tutti i rami delle forze armate.

La Marina cinese

Tra le varie componenti dello strumento di difesa cinese vale la pena menzionare l’importanza della Marina Popolare di Liberazione (PLN) nello svolgimento di operazioni di pattugliamento marittimo nello SCS, garantite dalla presenza di due basi essenziali. Il primo è Zhanjiang, situato alla punta del sud della penisola di Laizhou e il quartier generale della Flotta di Mare Sud, dove, secondo il Dipartimento della difesa degli Stati Uniti, sono di stanza una portaerei, sottomarini d’attacco nucleari, lanciamissili balistici, batterie di missili mobili DF 21 e batterie superficiali di media gittata HQ-9 SAM. Il secondo è l’avamposto militare di Yulin, costruito sull’isola di Hainan, che ospita parte dei sottomarini SSBN e negli ultimi anni ha subito notevoli lavori di espansione per soddisfare un duplice bisogno tattico-strategico. Da un lato, favorire l’aumento della flottiglia nucleare sottomarina; dall’altro, la sua posizione nei pressi delle isole Paracel e Spratly ha permesso al PLA di espandere o costruire installazioni militari artificiali in questi due arcipelaghi, compresi sistemi radar, hangar, aerei e missili e attrezzature per la difesa dell’artiglieria.

All’interno dell’arcipelago di Paracel, l’isola artificiale di Woody, a causa della sua vicinanza a Hainan, è considerata da Pechino come un hub strategico fondamentale che collega l’area militare di Yulin e le basi marittime artificiali situate nello Spratly.

Le isole artificiali cinesi

Nell’arcipelago delle Spratly, la Repubblica Popolare Cinese ha costruito due tipi di isole artificiali. La costruzione di queste isole artificiali nel Mar Cinese Meridionale da parte della RPC è un elemento centrale per aumentare la portata delle sue forze armate nelle vicinanze delle Filippine e delle acque dello stretto di Luzon e Malacca.

La Repubblica popolare cinese considera il Mar Cinese Meridionale un’area di rilievo geostrategico per proteggere i propri interessi nazionali. In particolare, la percezione di Pechino del SCS è quella di uno spazio geopolitico non omogeneo dal momento in cui riconosce l’esistenza di alcune aree strategicamente più importanti di altre, identificate negli stretti marittimi di Luzon e Malacca.

Questa particolare valutazione di Pechino è stato un fattore di elevata incidenza nella definizione dei suoi obiettivi politico-strategici per il Mar Cinese Meridionale, individuato nel contrastare la presenza militare degli Stati Uniti e nella supervisione dello spazio geo-marittimo adiacente a Malacca e Luzon.

Questa decisione di Pechino di aumentare la sua presenza militare nelle zone sopracitate rappresenta una decisione necessaria per migliorare le capacità operative dell’PLA e del PLN nell’esecuzione di operazioni di pattugliamento e raid aeronavali nelle vicinanze dello stretto di Malacca, Luzon e le Filippine, ma allo stesso tempo per stabilire il suo controllo del mare nelle acque di Luzon e Malacca a medio-lungo termine, per negare l’accesso alle forze aeree e alla settima flotta statunitense stazionata a Yokosuka allo spazio geo-marittimo del Mar Cinese Meridionale.

Pertanto, la volontà della Repubblica popolare cinese di imporre il suo controllo marittimo nell’SCS porterà, nei prossimi anni, ad un costante aumento dei mezzi militari in queste aree geo-marittime perché li considera come la strategia da perseguire per rispondere e spezzare la politica statunitense volta a limitare l’ascesa politico-economica all’interno del Mar Cinese e, di conseguenza, anche nella più vasta regione dell’Indo-Pacifico.

Le opinioni espresse negli articoli del Belfablog sono quelle dei rispettivi autori e potrebbero non rispecchiare le posizioni del Centro Studi Machiavelli.

diego massimiliano de giorgi
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Manager, banchiere di investimento e diplomatico. Si occupa di affari internazionali e di affari pubblici globali per organizzazioni private e pubbliche, governi e attori non statali in diversi settori.