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“Chi da quest’incubo nero ci risveglierà?” cantava una celebre sigla televisiva degli anni Novanta.

Gli ordini esecutivi presentati da Donald Trump durante il discorso inaugurale della sua presidenza in aggiunta a quelli firmati immediatamente dopo stanno facendo discutere, in particolar modo nel campo del mainstream media: uscita degli USA dall’OMS, chiusura delle frontiere ed espulsione degli immigrati illegali, abolizione dello ius soli per i clandestini, rovesciamento della narrazione della lotta anti-covid, ripristino della libertà costituzionale di espressione, affermazione della realtà materiale contro la percezione ideologica del gender etc.

Una serie di provvedimenti dal contenuto esplosivo, rivoluzionario – Trump ha parlato di “rivoluzione del buon senso” nel suo discorso – che appaiono in tutta la loro potenza dirompente se ripercorriamo i quattro anni che hanno preceduto l’insediamento di Trump per la seconda volta alla Casa Bianca. Quattro anni brutali, un incubo nero, appunto, durante il quale il mondo venne precipitato nel più buio periodo degli ultimi decenni: l’inizio della presidenza Biden si apriva con il terrificante precedente di un ex presidente, sconfitto nelle elezioni più controverse e opache dell’intera storia americana, che veniva zittito sui social, censurato, imbavagliato. Su di lui piovevano accuse e incriminazioni e si metteva in moto la macchina giudiziaria, il “sistema” che in Italia conosciamo bene, per stroncarlo e impedirgli ogni riscossa.

L’anno in cui la democrazia è finita in coma

Ce lo ricordiamo, quel 2021? Era l’anno in cui i regimi sanitari stringevano il cappio. A opporre una qualche resistenza, fino ad allora, c’era stato praticamente solo Donald Trump – che pure aveva commesso il grave errore d’aver conferito un incarico con carta bianca ad Anthony Fauci – con il gesto clamoroso di strapparsi la mascherina dopo aver rivendicato la guarigione dal virus. Un gesto che voleva dire smentire la narrazione para-religiosa di una nuova lebbra, punizione divina per la quale è prevista una sola via d’uscita: l’impiego di sacre benedizioni a base di sieri sperimentali. Nel solco dei padri della Patria americani, Beniamino Franklin per primo, Donald Trump aveva però sostenuto una posizione coraggiosa: non si baratta libertà per sicurezza. Per salvare la prima si possono correre rischi e se necessario giocarsi il tutto per tutto. Era una posizione inaccettabile per l’establishment. La sua eliminazione dall’agone politico aveva consentito l’instaurazione anche negli Stati Uniti di un regime favorevole alle restrizioni, alla svendita dei diritti costituzionali in cambio di un’illusoria salvezza dalla pestilenza.

E a puntellare questa cappa fatta di menzogna di Stato erano intervenuti tutti i social media, coscritti e arruolati proprio dalla nuova amministrazione dem. Le confessioni pubbliche rilasciate da Mark Zuckerberg non lasciano dubbi e confermano ciò che per quattro anni, come carbonari, come cristiani nelle catacombe, i “complottisti” andavano dicendo: la narrazione era fasulla e imposta dai governi in accordo con le multinazionali dei farmaci e l’OMS.

Ora Trump porta l’America fuori da questa organizzazione, con uno strappo epocale. L’OMS ha tentato negli anni successivi al covid di costruire un’intelaiatura di governo sanitario mondiale attraverso il Trattato Pandemico, versione 3.0 dei regimi visti in azione durante l’epidemia. Il perdono presidenziale preventivo concesso da Biden in extremis (poche ore prima di lasciare lo Studio Ovale) ad Anthony Fauci e che copre l’intero decennio 2014-2024 (anche i sei anni precedenti il covid…) apre interrogativi inquietanti.

L’Era della Censura

Se dovessimo dare un nome al quadriennio 2020-2024, esso dovrebbe dunque essere chiamato “l’Era della Censura”. Con i media mainstream pressoché tutti allineati e coperti alla narrazione ufficiale, la rete era l’unico canale nel quale poter scambiare informazioni, dibattere, cercare di convincere gli altri ad aprire gli occhi. Con il 7 gennaio del 2021 sui social calava la mannaia dei boia. In Europa, del resto, non si aspettava altro: era dopo la batosta della Brexit che a Strasburgo e Bruxelles si rimuginava su giri di vite, mordacchie, leggi per proibire i meme – quegli scarabocchi e fotomontaggi coi quali nel 2016 Donald Trump aveva fatto piangere una disperata Giovanna Botteri che lamentava di come il popolo non seguisse più ciò che dicevano i giornalisti. I meme avevano spinto il Regno Unito fuori dalla gabbia europea, affossato la Clinton, stavano facendo prendere voti alla Le Pen in Francia… Dovevano essere fermati. Le accuse a Trump per gli incidenti del 6 gennaio 2021 divennero il comodo pretesto per imporre la censura, di qua e di là dell’Atlantico. I governi si tenevano le mani pulite, lasciando il lavoro sporco agli amministratori dei siti e dei social, ai fact checker prezzolati, ai sicofanti che segnalavano post e video contrari al mainstream.

E intanto avanzava la neolingua, con rinnovato vigore dopo i due mandati Obama il cui abbrivio era stato interrotto dal cigno nero coi capelli arancioni. In Italia abbiamo assistito a un’orgia di neologismi, femminilizzazioni obbligatorie, abolizione di termini politicamente scorretti, perfino storpiature nell’ortografia, come l’introduzione di asterischi e schwa. Negli Stati dell’Anglosfera leggi imponevano il rispetto dei “pronomi” pretesi da persone con disturbi dell’identità, con tanto di ricadute penali per chi non si fosse sottomesso, come accaduto a Jordan Peterson in Canada sulla base di una legge approvata nel 2016.

Proprio l’inizio del mandato Trump aveva infatti spinto il fronte wokeista a serrare i ranghi e a lanciare un’offensiva su scala planetaria in tutte le nazioni dell’occidente allargato. Chi si opponeva rischiava. La cancel culture arrivò alla sua età dell’oro: le parole d’ordine del nuovo ordine mondiale, della “nuova normalità” nell’occidente allargato non potevano essere messe in discussione. La lotta al covid si fa cedendo “responsabilmente” fette della propria libertà, perfino della sovranità sul proprio corpo e su quello dei figli; l’immigrazione non può essere messa in discussione, è un fenomeno epocale, inarrestabile e comunque è giusto che arrivino, perché noi bianchi siamo colpevoli; così come sono colpevoli i maschi etero, di qualunque cosa, perfino i cambiamenti climatici; ovviamente questi non sono discutibili, sono colpa dell’umanità, la metà coi cromosomi XY soprattutto, e si può intervenire solo ed esclusivamente rinunciando ulteriormente alle proprie prerogative, al diritto alla proprietà e alla libertà di spostamento. Meglio ancora, rinunciando a far figli; e poi i figli devono essere liberi di esprimere la loro identità di genere, a qualsiasi età, anche la più tenera. I genitori che si oppongono sono bigotti, retrogradi e va loro tolta la patria potestà. Amputare i seni e le ovaie a una ragazzina per illuderla di “diventare un maschio” diventa una “terapia medica”, mentre cercare di convincere un adolescente confuso che la confusione è uno stato temporaneo da cui presto uscirà è “anti-scienza” e chi la pratica va espulso dagli albi professionali.

Del resto quelli sono stati gli anni del “fidati della scienza”, la più spaventosa contraddizione in termini dai tempi di “la guerra è pace, la libertà è schiavitù, l’ignoranza è forza” (che era finzione letteraria…). La scienza, che per definizione è continuo dubbio, continuo questionare le certezze finora acquisite ridotta a dogma di fede, a pensiero magico: i presidi sanitari, come mascherine o guanti, diventavano amuleti la cui efficacia era pari a quella dei talismani coi quali i selvaggi credevano di diventare invulnerabili alle pallottole dei fucili.

Si era arrivati alla soglia dell’approvazione di leggi contro il “negazionismo climatico”, che del resto non facevano altro che applicare mutatis mutandis ciò che già esisteva in altri ambiti, da quelli della ricerca storica a quelli – citati – degli approcci non-gender alle problematiche di identità sessuale o all’aborto. Nei quattro anni precedenti abbiamo visto in numerosi paesi dell’occidente allargato persone arrestate perché pregavano accanto alle cliniche dove viene praticata l’interruzione di gravidanza.

La dittatura sanitaria

E intanto i regimi sanitari calcavano il loro tallone di ferro. Come gli sbirri austriaci nella Milano pre-unitaria, abbiamo visto le forze dell’ordine essere impiegate per reprimere il dissenso. In un’Italia riportata indietro di duecento anni, quegli stessi agenti e quegli stessi arsenali di mezzi che ci veniva detto mancavano per chiudere le frontiere o arrestare gli immigrati clandestini, venivano dispiegati senza pietà sul popolo che protestava. In un paese, il Canada di Justin Trudeau, il governo giunse a giocare – forse con improvvida fretta – la carta del debanking dei dissidenti: ai manifestanti del freedom convoy furono bloccati i conti correnti, revocate le patenti e le assicurazioni. Oltre questi provvedimenti, che consentivano alle forze di polizia di sequestrare mezzi e pignorare proprietà, si arrivò a minacciare il sequestro degli animali domestici portati nelle manifestazioni. Solo quando il governo di Trudeau ventilò addirittura la possibilità di revoca della patria potestà alcuni governatori degli Stati federali del Canada si tirarono indietro, impedendo al “young leader” di tramutare l’ex Dominion in uno Stato di polizia orwelliano.

Intanto, in molti paesi il 2021 era diventato l’anno in cui si sperimentava la “creatività repressiva”: dalla Francia arrivava il coprifuoco, perché i virus a una cert’ora vanno a dormire, soprattutto incuranti dell’evidenza che riducendo gli orari d’apertura di qualunque esercizio o ufficio si costringe la gente a concentrarsi nel lasso di tempo concesso, alla faccia del primo criterio dell’infettivologia: ridurre l’affollamento. Il nostro paese dopo essersi accodato si faceva apripista della mistica delle mascherine indossate ovunque e comunque, incurante del fatto che solo pochi mesi prima aveva diffuso linee guida in cui venivano dichiarate di una qualche utilità solo in caso di contatto con persone infette.

L’incitamento all’ipocondria divenne instrumentum regni in attesa che l’arrivo dei vaccini sperimentali aprisse la strada alla “democrazia a termini e condizioni”: con un rovesciamento delle fonti di diritto i diritti costituzionalmente garantiti ai cittadini erano sospesi se non ottemperavano ai decreti emergenziale. Il tutto mentre si incitava i cittadini alla delazione, a emarginare chi non si piegava, a deridere chi proponeva strade alternative per uscire dall’epidemia.

Arriva Biden, ricominciano le guerre a stelle-e-strisce

E intanto, l’annus orribilis andava verso la fine, preparando nuove spaventose disgrazie al mondo. Alla fine del 2021 risaliva la tensione in Ucraina, culminata nel ’22 con l’aggressione russa.

La guerra comunque giunse inaspettata e probabilmente troppo presto rispetto a certi piani. Il perfezionamento dei regimi sanitari attraverso il green pass subì una brusca interruzione, alcuni dicono alle soglie dell’ultima mossa: le vaccinazioni obbligatorie come prerequisito per riavere indietro dei diritti costituzionali sotto forma di graziose concessioni. La nuova drammatica situazione a est, con le sue conseguenze sulle economie europee, impose una nuova narrativa. Fuori il covid, dentro la guerra. Fuori il “non ti vaccini, ti ammali, muori” e dentro il “vuoi la pace o il condizionatore?”.

Il tentativo di regime verde-arcobaleno

Del resto la cosa era in linea con la nuova parola d’ordine: lotta al cambiamento climatico. A spese dei diritti dei cittadini. Intanto anche il 2022 andava verso la fine, e le parole d’ordine wokeiste riuscivano a mobilitare quasi tre milioni di neo-elettori in USA, in grado di rovesciare i pronostici sulle elezioni di medio termine.

Negli Stati Uniti i governatori più radicali creavano vere e proprie distopie arcobaleno, imitati in Europa, perfino da governi di destra, come in Gran Bretagna. Anche in Giappone, dove il premier nazionalista Shinzō Abe, defenestrato anche lui poco prima di Trump, era stato ucciso nel 2022 dal solito pazzo al posto giusto al momento giusto, si avviavano politiche globaliste senza precedenti per il paese del sol levante, come l’apertura all’immigrazione e al “matrimonio” gay.

“Ci servono elettori, importiamoli dall’estero”

In tutto l’occidente allargato, dunque, la parola d’ordine diveniva “accoglienza” degli immigrati. Negli USA milioni di clandestini provenienti dal confine meridionale venivano fatti entrare mentre in Europa riprendeva il flusso dei barconi dal Nordafrica. Una crisi – vale la pena di ricordarlo – spalancata scientemente dal governo Obama, complice Hillary Clinton, e da quelli di Sarkozy in Francia e Brown in Gran Bretagna con la distruzione della Libia prima e poi il tentativo di fare il bis in Siria.

“Accoglienza” diventava la parola d’ordine, categorica e impegnativa per tutti, dai rinnovati vertici della Chiesa cattolica – che seguiva a ruota il commissariamento della democrazia italiana con la sostituzione di Berlusconi con Mario Monti – a quelli delle principali nazioni europee. Solo l’Ungheria di Orban, si può dire, resisteva all’ondata di immigrati che stava sommergendo l’occidente allargato. Ancora una volta Donald Trump sembrava aver interrotto un programma che affondava le radici operative nei due mandati di Obama e quelle ideologiche nel clintonismo-blairismo d’inizio millennio, e che avrebbe dovuto vedere il suo coronamento con l’incoronazione di Hillary Clinton, primo presidente donna e di conseguenza una specie di divinità intoccabile secondo i comandamenti wokeisti. L’arrivo di The Donald alla Casa Bianca aveva sparigliato questi piani eversivi e ne stava rallentando l’esecuzione.

Una frustata in faccia a tutto l’establishment: dai politici che vedevano negli immigrati un bacino di voto a cui attingere a piene mani al grande capitale che poteva avere dumping salariale e masse di sottoproletari a cui vendere prodotti ad altissimo valore aggiunto, dalle ONG – a un tempo complici e beneficiarie di un enorme settore d’affari – fino ai cartelli del crimine internazionale e alle petromonarchie, che nell’invasione etnica dell’Europa con le masse in fuga dagli ex regimi socialisti arabi, ormai snazionalizzate, vedevano un’avanguardia per l’islamizzazione del Vecchio Continente.

Non integrazione degli immigrati – troppi e troppo diversi per poter essere integrati – ma dis-integrazione degli autoctoni: questo l’obbiettivo finale dei regimi progressisti in tutto l’occidente allargato, come del resto candidamente confessato da membri autorevoli dei governi britannici (citofonare lord Peter Mandelson). La liquefazione delle identità nazionali per far posto a masse prive di caratteristiche identitarie come obbiettivo definitivo: “Imagine” di Lennon come manifesto programmatico.

L’incubo nero da cui ci stiamo svegliando (forse)

L’impressione che, per grazia di Dio, ci stiamo finalmente avviando alla fine di un lungo e tetro tunnel non è solo di chi scrive. Ecco due fumetti, belli e commoventi, di altrettanti disegnatori molto vicini alle posizioni del MAGA.

Per quattro anni abbiamo vissuto nell’ansia, nella paura.

Paura di perdere il lavoro per scarsa adesione ai valori DEI, per una battuta da caserma o perché fuori “quote di inclusione”.

Paura di dover subire un trattamento sanitario sperimentale, peggio ancora di vederlo applicato ai propri familiari, senza potersi rifiutare.

Paura di perdere la casa e l’automobile, perché ultra-tassati, costretti a upgrade insostenibili, rinchiusi in recinti di telecamere armate di multe.

Paura di perdere i risparmi, perché il denaro può essere revocato dalle banche su ordine dello Stato. O perché non si sono rispettati gli “standard della community”.

Paura di perdere la propria nazione, perché gente dagli accenti esotici e l’agire strafottente può gridare impunemente “i vostri paesi sono finiti, ora qui comandiamo noi”.

Paura di perdere i propri figli, perfino, fomentati da ideologie disumane che approfittano delle debolezze adolescenziali per instillare confusione, disagio mentale e al contempo fornire vie d’uscita false e bugiarde a base di ormoni e chirurgia deformante. E perché i governi minacciano di far prevalere l’ideologia sul diritto dei genitori nelle aule di tribunale.

Per quattro anni abbiamo dovuto subire umiliazioni dimenticate da decenni: la privazione della libertà di parola, di movimento, di impresa. La negazione dello Stato di Diritto basato sulle costituzioni per vederlo sostituito con uno “Stato di diritti” basato sull’urgenza del momento. Le nostre identità nazionali, etniche e religiose sono state violentate, mortificate, cancellate. Statue abbattute, musei presi d’assalto da pazzoidi armati di vernice, usi e costumi proibiti per “l’inclusione” di chi venuto nei nostri paesi ne disprezza ogni aspetto. Perfino dire “buon Natale” è diventato un problema.

Minacce sono state gridate da governanti, stampa, opinion maker: la minaccia del contagio, della guerra, dei disastri climatici. Chi non ottemperava alle parole d’ordine era bollato, insultato, vilipeso, zittito, perfino sottoposto a diminutio capitis.

Tutto questo va ricordato. Tutto questo è stato ricordato, per sommi capi, da Trump in un discorso senza precedenti per durezza con cui un presidente entrante ha puntato il dito contro l’amministrazione uscente. Se dimentichiamo, colpevolmente, ciò che abbiamo subito, il deserto in cui siamo stati costretti a vagare per quattro anni, non comprendiamo la portata storica delle parole di Trump e dei suoi primi atti da presidente.

Il 20 gennaio 2025 finalmente ci siamo risvegliati da un incubo nero. Ora occorre alzarsi dal letto e darsi da fare, perché richiudere gli occhi e tornare nel sonno della ragione e del diritto è un attimo.

Le opinioni espresse negli articoli del Belfablog sono quelle dei rispettivi autori e potrebbero non rispecchiare le posizioni del Centro Studi Machiavelli.

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Editor of the Centro Studi Machiavelli “Belfablog,” Emanuele Mastrangelo is editor-in-chief of “CulturaIdentità” and has been editor-in-chief of “Storia in Rete” since 2006. A military-historical cartographer, he is the author of several books (with Enrico Petrucci, Iconoclastia. La pazzia contagiosa della cancel culture che sta distruggendo la nostra storia e Wikipedia. L'enciclopedia libera e l'egemonia dell'informazione).