Nel Dossier n. 48 Villy De Luca ripercorre la storia del debito pubblico italiano, dalla nascita dello Stato unitario fino ai giorni nostri, e si interroga se l’uscita dall’euro o l’austerità siano soluzioni che possano risolvere quest’annoso problema.
EXECUTIVE SUMMARY
- Il debito pubblico italiano, un vero e proprio macigno sulla sovranità nazionale, nasce nel 1861 con l’Unità d’Italia, ereditando i debiti dei vari Stati pre-unitari.
- Negli anni ’70 e ’80 del secolo scorso abbiamo raggiunto il cosiddetto “punto di non ritorno”, tra crisi politico-finanziarie, svalutazione della lira e aumento della spesa pubblica. Un contesto che portò nel 1981 al divorzio tra Ministero del Tesoro e Banca d’Italia.
- Con l’entrata nell’Euro nel 1999 il debito diminuì per alcuni anni, ma dalla crisi del 2008 in poi è tornato a crescere a ritmo costante, fino a superare il 140% del rapporto Debito/Pil.
- La conseguenza di un debito così alto è una forte limitazione all’indipendenza e alla sovranità dell’Italia. Gli interessi sul debito limitano e indirizzano la spesa pubblica, limitando anche le misure necessarie alla crescita economica.
- L’uscita dall’Euro non è una soluzione. Anzi. Tra tutti i creditori disposti a prestare i soldi all’Italia, l’Unione Europea è quella che ci offre le condizioni più vantaggiose.
- Ridurre il debito si può. Negli anni molti Paesi hanno offerto esempi “virtuosi”: dal Canada al Belgio fino alla Spagna, in molti casi gli Stati sono riusciti a ridurre l’indebitamento senza manovre “lacrime e sangue”.
- Nei prossimi anni non potremo permetterci di aumentare il debito pubblico. Contemporaneamente sarà fondamentale limitare la quota di debito detenuta dai creditori esteri.
- Il senso di responsabilità non basta: l’introduzione dell’obbligo di una larga maggioranza per far votare l’aumento del debito pubblico potrebbe essere una soluzione.
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Dossier 48 - Debito pubblicoLaw graduate (Bocconi University of Milan) with Master's degree in Law and Finance (Oxford University); winner of the Freshfields award for the best law graduate in 2011. Formerly an associate at Allen & Overy, since 2018 he has been working at one of the world's largest investment funds where he serves as Head of Trading for Europe and the Middle East. He is also a Junior Fellow of the Aspen Institute Italy.
Ma il divorzio fra Ministero del Tesoro e Banca d’Italia ha avviato quel processo sciagurato che ci ha consegnato nelle mani del mercato. Erano tempi di neoliberismo rampante (non a caso!) il Washington consensus era in agguato e il Britannia incrociava pericolosamente nelle nostre acque territoriali
Dispiace leggere soprattutto qui report di livello così scarso, frutto di ignoranza economica profonda (sì, un po’ di studio di politica economicia ed economia politica farebbe bene). Invitiamo l’autore a trasferirsi nei ricchissimi Paesi che hanno un bassismo debito publlico così da beneficiare dell’assenza di tale fardello, come l’Afghanistan, il Botswana, il Congo.
Il debito pubblico italiano è in mano a finanziatori esteri sia direttamente che attraverso la Banca di Italia, le IFM nazionali, che i fondi o le assicurazione nonché le società private nazionali delle quali detengono cospicue quote di partecipazione.
Sarebbe opportuno chiedersi se tali finanziatori abbiano interesse al riscatto del debito o se preferiscano che il debito permanga o addirittura aumenti per poter mantenere l’Italia in uno stato di totale soggezione.
La sua analisi è diplomatica e scolastica, manca di coraggio e di audacia.
Se si vuole uscire da questa orribile situazione occorre intercettare la leva e non ripetersi l’ovvietà.