L’analisi delle elezioni albanesi dell’11 maggio 2025 mostra la riconferma del Partito Socialista (PS) di Edi Rama per un quarto mandato consecutivo, ma anche la comparsa di nuove formazioni che erodono – seppur marginalmente – il duopolio PS‑Partito Democratico (PD). Sullo sfondo permangono criticità strutturali: diseguaglianze socio‑economiche, spopolamento giovanile, corruzione endemica e servizi pubblici inadeguati.
Le elezioni parlamentari dell’11 maggio 2025 si sono svolte in un contesto segnato da una crescita economica disomogenea e da un’intensa emigrazione, soprattutto giovanile. Sullo sfondo permane l’obiettivo strategico dell’adesione all’Unione europea entro il 2030, più volte ribadito dal premier Edi Rama e sostenuto da un consenso popolare stabile (circa il 83%, secondo l’ultimo Eurobarometro).
Quadro socio-demografico ed economico
Secondo i dati del censimento 2023, la popolazione residente in Albania è scesa a circa 2,4 milioni, segnando un calo del 14% rispetto al 2011. La contrazione riguarda in particolare la fascia 18-34 anni, con effetti diretti sulla forza lavoro, sulla base fiscale e sull’equilibrio demografico. Etnicamente l’Albania resta uno dei paesi più omogenei d’Europa, con circa il 95% della popolazione d’etnia schipetara e restante il 5% suddiviso fra greci, nel Pindo, slavi (serbi, macedoni, montenegrini…), rom e comunità di pastori aromuni (o valacchi) nelle montagne interne.
Tra il 2018 e il 2024 il PIL reale ha registrato una crescita media del 3,5% annuo, ma i benefici sono rimasti concentrati in alcune aree urbane e settori specifici, alimentando un ulteriore esodo di giovani professionisti (fenomeni di brain drain e youth drain).
Dal punto di vista religioso l’Albania aveva subito un forte processo di secolarizzazione durante il regime comunista di Enver Hoxha (1945-1991), che proclamò l’ateismo di Stato nel 1967, vietando la pratica religiosa e distruggendo molti luoghi di culto. Dopo la caduta del regime, la libertà di culto è stata ristabilita, e la Costituzione del 1998 garantisce la laicità dello Stato e l’uguaglianza tra i culti. Attualmente la popolazione albanese è composta da musulmani per circa il 45,7% della popolazione. Questi a loro volta sono in maggioranza sunniti, con una significativa minoranza bektashi (4,8%), una corrente mistica dell’islam sufi fuggita dalla Turchia kemalista nel 1925. I cristiani rappresentano circa il 16% della popolazione, suddivisi all’incirca in parti uguali fra cattolici (leggermente più preponderanti) e ortodossi. Coloro che si dichiarano non credenti/atei/agnostici assommano a circa il 19,4% degli albanesi mentre circa un 10% non dichiara la propria fede.
Sistema politico e campagna elettorale
Il sistema elettorale albanese si basa su un modello proporzionale con 12 collegi plurinominali e una soglia di sbarramento effettiva di circa il 3,5%. Tale configurazione ha favorito l’ingresso di due nuove forze politiche nel Parlamento: il movimento civico di centro Shqipëria Bëhet (“Albania diventa”) guidato dal giurista Adriatik Lapaj, e il partito liberal-conservatore Partia Mundësia (“Partito dell’Opportunità”) fondato dall’imprenditore Agron Shehaj. Entrambi i movimenti hanno fatto leva su messaggi anti-corruzione, con un’attenzione particolare agli elettori under 40 e alla diaspora albanese all’estero.
Secondo il direttore dell’Albanian Conservative Institute, Nikola Khedi, il pluralismo parlamentare emerso è in parte il risultato di uno scontento popolare profondo, ma anche dell’indebolimento strategico dell’opposizione storica. Khedi sottolinea come il sistema sia stato «costruito per premiare artificialmente il partito più grande» e come alcune nuove sigle siano da interpretare più come strumenti di frammentazione che segnali di maturazione democratica.
Risultati elettorali e conseguenze istituzionali
Il Partito Socialista ha ottenuto il 52,3% dei consensi, corrispondenti a 83 seggi su 140, superando ampiamente la soglia di maggioranza assoluta. L’alleanza guidata dal Partito Democratico ha raccolto il 33,8% e ottenuto 50 seggi, mentre le due nuove forze minori hanno conquistato complessivamente il 10% dei seggi. L’affluenza si è attestata tra il 41 e il 42%, in calo rispetto al 46% delle precedenti elezioni del 2021. Per la prima volta, circa 195.000 cittadini all’estero hanno votato per corrispondenza.
La missione di osservazione dell’OSCE/ODIHR ha definito il voto «ben organizzato e pacifico», pur denunciando l’impiego improprio di risorse pubbliche e una copertura mediatica sbilanciata in favore dei due partiti principali.
Questioni strutturali irrisolte
L’Albania continua a confrontarsi con problematiche strutturali che incidono sulla qualità della democrazia e sul benessere collettivo. Tra le principali criticità vi sono la corruzione diffusa, l’influenza della criminalità organizzata, la fragilità dei servizi pubblici e la vulnerabilità del sistema sanitario.
Secondo Transparency International, l’Albania si colloca al 98° posto su 180 paesi nell’Indice di Percezione della Corruzione (CPI) del 2024. Questo dato riflette un contesto in cui pratiche clientelari e favoritismi continuano a ostacolare la costruzione di uno stato di diritto efficace.
La criminalità organizzata rappresenta un ulteriore fattore di instabilità, con il Paese che mantiene un ruolo rilevante nei traffici di droga nell’Europa sud-orientale, secondo quanto riportato in varie analisi dell’UNODC e dell’Europol.
Il sistema sanitario, infine, si segnala per una spesa pubblica pari al 2,9% del PIL, una delle percentuali più basse della regione balcanica, con riflessi negativi sull’accesso e sulla qualità dei servizi al cittadino.
Nikola Khedi ha sottolineato come le tre emergenze più gravi per il Paese siano la mancanza di condizioni per un voto realmente libero, la crisi demografica e il controllo oligarchico dell’economia. In particolare, ha definito il fenomeno migratorio albanese come una vera e propria “desertificazione umana”, suggerendo l’urgenza di politiche strutturate a favore del ritorno degli emigrati, della natalità e del lavoro produttivo.
Dimensione geopolitica: la variabile Turchia
L’Albania si trova oggi al centro di un equilibrio delicato tra le aspirazioni euro-atlantiche e l’influenza crescente di potenze regionali. La Turchia rappresenta un attore chiave in questo contesto: le relazioni bilaterali sono consolidate a livello istituzionale, soprattutto attraverso l’Alto Consiglio di Cooperazione Strategica istituito nel 2021. Ankara ha intensificato la propria presenza economica e infrastrutturale in Albania, con investimenti nei settori della difesa, della sanità e delle costruzioni.
Tuttavia, l’Albania ospita anche una base NATO a Kuçovë e beneficia di programmi statunitensi di assistenza allo sviluppo (come quelli gestiti dall’USAID), a testimonianza di un forte ancoraggio all’Occidente. A livello politico, i rapporti tra Edi Rama e Recep Tayyip Erdoğan restano solidi, mentre l’opposizione, in particolare esponenti del Partito Democratico, ha espresso più volte preoccupazione per l’influenza culturale e religiosa esercitata dalla Turchia, soprattutto sulle giovani generazioni, in considerazione anche della presenza di quasi il 50% di mussulmani nel paese.
Nikola Khedi ha descritto questa dinamica come una «competizione silenziosa» tra un’identità albanese naturalmente proiettata verso l’Europa occidentale e la pressione del modello neo-ottomano. A suo avviso, la società civile e le forze conservatrici dovrebbero rafforzare i legami con l’area euroatlantica, rivendicando un’adesione più coerente ai valori della sovranità nazionale e della democrazia liberale.
Conclusioni
Le elezioni parlamentari del maggio 2025 hanno rafforzato la posizione del Partito Socialista, riconfermando per la quarta volta consecutiva Edi Rama alla guida del governo. La tenuta del sistema maggioritario, l’astensione crescente e l’ingresso di nuove forze politiche pongono interrogativi sulla tenuta del pluralismo e sull’effettiva apertura democratica. Sebbene il contesto macroeconomico registri segnali positivi, la disconnessione tra crescita e benessere percepito rimane evidente, specialmente nelle aree rurali e tra i giovani.
Il Partito Democratico, unica forza d’opposizione con consistenza numerica, affronta la sfida di un rinnovamento generazionale e strategico, dopo anni segnati dalla guida di Sali Berisha. Parallelamente, le nuove forze politiche emerse potrebbero consolidarsi come attori stabili, soprattutto se capaci di intercettare il malcontento legato a corruzione, clientelismo e crisi demografica.
La traiettoria europea resta formalmente prioritaria, ma sarà l’attuazione concreta delle riforme richieste da Bruxelles a determinare la credibilità del processo. In un contesto regionale segnato da dinamiche geopolitiche complesse, l’Albania dovrà rafforzare il proprio profilo euro-atlantico, evitando derive autocratiche e pressioni esterne.
Le opinioni espresse negli articoli del Belfablog sono quelle dei rispettivi autori e potrebbero non rispecchiare le posizioni del Centro Studi Machiavelli.
Alberto Gava, imprenditore e analista geopolitico. Laureato Magistrale in scienze del governo all'università di Padova. All'attività nel campo gestionale e intelligenza artificiale, alterna lavori in campo di analisi geopolitiche e geoeconomiche per vari think tank, concentrandosi su Est Europa e geoeconomia dei paesi in crescita e via di sviluppo.
Sogno nel cassetto è quello di prendere un Ph.D. nel frattempo faccio ricerca nel tempo libero.
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