Le relazioni tra l’UE e la Georgia, importante paese del Caucaso meridionale, si sono notevolmente deteriorate. Dal 2008 la Georgia ha stabilito come priorità l’integrazione con l’Occidente. L’obiettivo di entrare nell’UE e nella NATO è sancito dalla costituzione del paese. L’UE ha investito ingenti risorse nel paese, incluso il settore delle ONG. Nonostante le richieste di non portare avanti la procedura, alla Georgia è stato concesso lo status di paese candidato nel 2023.

La rottura: pragmatismo o geo-politicizzazione?

Le relazioni armoniose e il successo del modello d’integrazione che avrebbero potuto mitigare la morsa russocinese in Georgia si sono guastati dopo lo scoppio della Guerra russo-ucraina nel 2022 a causa delle esorbitanti richieste e dell’approccio massimalista di Kiev. Personalità politiche ucraine non hanno esitato a chiedere apertamente alla Georgia di aprire un secondo fronte, armare l’Ucraina, proprio come la Turchia, membro della NATO, e imporre sanzioni senza precedenti alla Russia. Le richieste, sostenute dall’UE e dall’amministrazione Biden, sono state fortemente osteggiate dal governo georgiano perché non solo avrebbero colpito duramente l’export e l’economia del paese, ma avrebbero anche potuto aprire le porte a uno scenario déjà vu nel 2008, data la mancanza di proiezione strategica euro-atlantica in quel quadrante e il limbo grigio nel quale la Georgia si trova e per il quale rischierebbe di non essere protetta in caso di guerra aperta con la Russia.

Entrambi i timori si basano su un approccio pragmatico agli affari interni ed esteri. Inoltre, lo scarso coinvolgimento dell’Occidente (e della stessa Ucraina) in termini di effettivo sostegno alla Georgia prima e durante la Guerra russo-georgiana ha avuto un impatto sulla scelta di procedere con cautela e dare priorità alla realpolitik rispetto ai passi falsi del 2008. Il fronte di Biden e Bruxelles che ha sostienuto di fatto l’obiettivo ucraino di coinvolgere la Georgia nella guerra con la Russia appare pericoloso ed egoistico, considerando la tardiva integrazione del Paese nella NATO e nell’UE, proprio in teoria come Cipro senza il Nord occupato dalla Turchia e non riconosciuto a livello internazionale.

Fine della luna di miele con l’UE?

Il punto di svolta è stata l’approvazione della Legge sulla Trasparenza, che impone alle ONG finanziate da enti o entità estere di dichiarare i propri fondi, una legge simile anche a quella statunitense. Inoltre un altro provvedimento approvato, la Legge sui valori familiari, è stata dichiarata da Bruxelles incompatibile con l’appartenenza all’UE.

Le elezioni presidenziali hanno incoronato il partito Sogno Georgiano. Precedentemente, l’UE e gli Stati Uniti le avevano presentate come una scelta tra l’Occidente e la Russia, lasciando intendere che i georgiani avrebbero dovuto scegliere il candidato migliore, la frammentata opposizione composta da sostenitori di Mikhail Saakashvili e di altri partiti fermamente filo-ucraini. L’OSCE ha descritto le elezioni come “competitive”, non diversamente da come aveva giudicato le elezioni nell’Ucraina stessa nel 2019. Tuttavia la reazione dell’UE e degli Stati Uniti è stata nettamente diversa: mentre l’Ucraina è stata elogiata e premiata, nonostante il suo allarmante livello corruzione, la Georgia ha visto il processo di adesione all’UE arrestarsi unilateralmente dopo essersi rifiutata di abrogare la Legge sulla Trasparenza e di ripetere le elezioni secondo quanto stabilito dalla missione di monitoraggio dell’UE anziché dell’OSCE, cosa che potrebbe essere percepita non solo come una violazione della sovranità, dato il sostegno dell’UE alla procedura negli anni precedenti e fino ad allora, ma come un atto coloniale.

Il congelamento del processo di adesione all’UE nonostante la serietà del governo in termini di riforme, la sospensione della cooperazione tra Stati Uniti e Georgia, il ritiro dei fondi, inoltre il mancato riconoscimento dei risultati elettorali, le sanzioni ai funzionari georgiani da parte dell’UE e degli Stati Uniti e il sostegno alla presidente uscente e alle proteste di piazza contro la legge sulla trasparenza hanno portato il governo ad annunciare il rinvio dell’impegno al processo di adesione all’UE fino al 2028. Il governo inoltre ha criticato l’amministrazione Biden, la lobby Ucraina, la narrazione manichea del presidente ucraino Zelenskij e il poco trasparente settore delle ONG, argomenti delicati che i funzionari dell’UE, nonostante la necessità di affrontarli, non hanno mai messo in discussione.

L’UE ha richiesto un ruolo di primo piano per l’opposizione negli ingranaggi di governo, cosa che ne complicherebbe il regolare svolgimento e renderebbe il governo un mero oggetto di valutazione esterna, rendendolo quindi meno efficace e, di fatto, meno legittimo.

Finora, con grande disappunto dei falchi anti-Sogno Georgiano, non è emersa alcuna prova di una presunta “operazione russa” dietro il risultato elettorale. Allo stato attuale, l’intero impianto accusatorio non è solo una questione di opinioni. La questione é se pragmatismo, nazionalismo, valori nazionali, neutralità e la richiesta di dichiarare i propri fondi percepiti siano solo un prodotto “russo“, o di fatto una risposta legittima di elettorato e nazione che Bruxelles dovrebbe finalmente riconoscere e non utilizzare per impedirle di accedere all’UE.

USA e UE divise

Al momento Bruxelles, dopo l’elezione di Donald Trump alla presidenza USA, sta unilateralmente guidando l’attacco contro Sogno Georgiano, sprecando di fatto un’opportunità con la Georgia stessa. Anche la Gran Bretagna post-Brexit si unisce, sanzionando i rappresentanti governativi e appoggiando la narrativa pro-opposizione.

Sogno Georgiano non ha mai chiuso le porte all’UE e alla NATO, contrariamente alla narrativa prevalente a Bruxelles, Londra e in precedenza a Washington. L’insistenza dell’Ucraina nel voler essere sostenuta concretamente non è solo un’ingerenza palese e contraria alle condizioni dell’accordo di associazione con l’UE, ma anche una potenziale mossa che potrebbe far precipitare il Paese in una guerra che l’Occidente non combatterà per conto e insieme ai georgiani. È inoltre una minaccia alle consultazioni diplomatiche per la risoluzione tra il governo e le enclavi separatiste di Abkhazia e Ossezia del Sud. Questo secondo fattore potrebbe potenzialmente portare a una sorta di status speciale, una devolution, all’interno della governance del Paese, che sarebbe in linea con l’obiettivo politico dichiarato di risolvere la questione pacificamente e con il consenso di Mosca in nome della realpolitik e della cautela, data la riluttanza dell’Occidente a essere pragmatico e a concentrarsi sulla questione, al di là del comprensibile mancato riconoscimento dei due separatisti.

Gli Stati Uniti, ora che Trump è in carica, sembrano intenzionati a cambiare il proprio approccio nei confronti della Russia e a limitare lo strapotere della lobby ucraina, e dunque dovrebbero sostenere la Georgia e riavviare la cooperazione. Sebbene sia da vedersi se il governo georgiano intenda ancora perseguire l’adesione alla NATO, la cooperazione tra Stati Uniti e governo georgiano dovrebbe essere ripresa per salvare la scelta filo-occidentale della Georgia, che tuttavia non esclude relazioni, colloqui di pace e/o un modus vivendi con il vicino russo. L’UE appare determinata a perseguire la sua politica di massima pressione nei confronti del Paese: l’insistenza sui valori rispetto alla realpolitik e il sostegno all’inefficace opposizione che non è riuscita a ottenere i voti necessari per rovesciare il partito al governo. In questo modo l’UE e la NATO dimostrano ancora una volta di non essere un’alternativa attraente, degli attori competitivi in una regione in cui Russia e Cina sono i principali concorrenti, ma dei distanti referenti di parte che si preoccupano solo di proteggere il settore delle ONG dal giusto controllo per tutelare la trasparenza. L’insistenza su valori ultra-liberal, lobby incontrollate ed eurocentriche in un mondo in cui sono in gioco altri valori e fattori sta condannando l’UE e la NATO all’irrilevanza, all’accusa di corruzione, all’alienazione di potenziali partner e all’ingerenza nelle elezioni e negli affari interni, a scapito di una strategia vincente che fa dell’integrazione un processo strettamente tecnico e un obiettivo geopolitico proprio come è accaduto con l’allargamento all’Europa orientale.

Con la seconda amministrazione Trump l’UE dovrà adattare la propria external action alle sfide esterne e assumere un ruolo geopolitico. Finora sta minando il sostegno all’integrazione e l’opportunità di accelerare il processo, senza capitalizzare sui risultati raggiunti, rafforzando al contempo la strategia di business e realpolitik di Russia e Cina. Ciò porta alla domanda: la politica estera dell’UE e l’Alleanza atlantica sono una questione di cooperazione e integrazione, qualcosa che i paesi del Mar Nero, inclusa la Turchia, sostengono, o solo uno strumento per interferire e creare polarizzazione senza un impegno concreto e una strategia a lungo termine?

Conclusione: una futura posizione comune?

È difficile scorgere un cambiamento nell’attuale strategia dell’UE, incentrata esclusivamente sulla critica allo sforzo di Trump di dialogare con la Russia e sfidare la Cina. Come dimostrano i diversi approcci ai negoziati tra Stati Uniti e Russia sull’Ucraina e la questione Cina, l’approccio dell’UE alla Georgia dovrebbe essere neutralizzato dagli Stati Uniti, nella consapevolezza che il modus operandi della prima rischia di alienare un alleato fondamentale nello scacchiere geopolitico. Ciò richiede la stessa brutale rottura con la politica di Biden nei confronti di Russia e Ucraina e la creazione di solidi legami con il partito Sogno Georgiano, in quanto governo legittimo e aperto a solide relazioni con l’amministrazione Trump. Attenuare l’influenza russo-cinese sulla Georgia dovrebbe essere la priorità. Questo esclude l’antagonismo all’approccio del governo georgiano nei confronti di ONG e lobby poco trasparenti e politicamente schierate che mirano a influenzare gli affari interni e fungere da strumento per la lobby ucraina. Col tempo, molti paesi dell’UE, stanchi della logica di Bruxelles, potrebbero sentirsi incoraggiati a seguire le orme degli Stati Uniti e iniziare a trattare la Georgia come un utile alleato e interlocutore, sfidando così l’influenza dei paesi nordici, della Polonia e della lobby ucraina, soprattutto alla luce delle nuove priorità degli Stati Uniti.

Le opinioni espresse negli articoli del Belfablog sono quelle dei rispettivi autori e potrebbero non rispecchiare le posizioni del Centro Studi Machiavelli.

Foto: manifestazione di Sogno Georgiano a sostegno della legge sugli agenti stranieri, aprile 2024, Jelger Groeneveld – CC BY 2.0

Analista. Scrive di relazioni NATO/UE-Russia, sull'influenza russa e cinese in Europa e sulla cooperazione bilaterale/multilaterale da una prospettiva di sicurezza e geopolitica. Applica questi argomenti a casi di studio come i Balcani occidentali, il Caucaso meridionale, il Mediterraneo orientale e il Mar Rosso.