Il contesto israeliano
Dopo la proclamazione unilaterale della nascita di Israele, avvenuta il 14 maggio 1948, quest’ultimo dovette affrontare l’immediata reazione militare degli Stati arabi vicini. Il giorno successivo, infatti, la Lega araba penetrò nel territorio del Mandato dando vita alla Prima guerra arabo-israeliana, senza tuttavia conseguire gli obiettivi sperati. Il conflitto ufficialmente terminò il 20 luglio 1949, con una clamorosa debacle degli arabi. Nonostante la vittoria israeliana, il “padre” del paese, David Ben Gurion capì di non potersi basare solamente sull’esercito. Quest’ultimo, da solo, non avrebbe avuto la meglio sui nemici nel lungo periodo, complice la loro capacità di riorganizzarsi. Si rese necessaria la creazione di una nuova, fitta rete di intelligence, che avrebbe affiancato la politica e i militari, diventandone uno strumento; sarebbe stata presente in modo permanente, tanto in tempo di pace che di guerra. Nuova perché prima della creazione dello stato d’Israele, esisteva già un embrione dei servizi segreti: lo Shai. Si trattava del servizio d’intelligence dell’Haganah (organizzazione paramilitare ebraica nella Palestina mandataria britannica), attivo fino al 1949, quando venne sostituito dal Mossad.
La nascita del Mossad
A seguito di un incontro svoltosi nel giugno del 1949, Ben Gurion decise di dar vita a tre servizi. Il primo a vedere la luce fu l’Aman (responsabile dell’intelligence militare). Il secondo, lo Shin Bet (incaricato della sicurezza interna). L’ultimo fu il Dipartimento Politico, il quale venne impegnato nello spionaggio estero e posto sotto il controllo del ministro degli Esteri, Moshe Sharett. Tuttavia, a causa delle tensioni tra lui e Ben Gurion, il Primo ministro decise di avocare a sé il Dipartimento. Quest’ultimo avrebbe subìto delle importanti modifiche, mutando anche il nome. L’atto fondante il HaMossad LeModi’in U’LeTafkidim Meyuchadim, l’Istituto per l’intelligence e le operazioni speciali (abbreviato in Mossad, che in ebraico significa “Istituto”) è la lettera, inviata il 13 dicembre 1949 da Ben Gurion a Sharett, con la quale Reuven Shiloah (membro del ministero degli Esteri e diplomatico, nonché ex agente segreto, il quale ebbe il merito di informare Ben Gurion dell’imminente attacco da parte della Lega Araba prima ancora della dichiarazione d’indipendenza) veniva incaricato di creare e dirigere un’agenzia che da quel momento in poi sarebbe diventata celebre in tutto il mondo. Una lettura della missiva fa capire come gli obiettivi del “padre” di Israele fossero sostanzialmente due: difendere il paese e coordinare l’Aman e lo Shin Bet. Si legge, infatti:
«su mie istruzioni, è in fase di costituzione un istituto per la concentrazione e il coordinamento delle attività dei servizi di intelligence e sicurezza dello stato (il dipartimento di Intelligence dell’Esercito, la divisione politica del ministero degli Esteri, il servizio di sicurezza generale, ecc.). Ho nominato Reuven Shiloah, il consigliere per le operazioni speciali del ministero degli Esteri, per organizzare il Mossad e servire come suo capo. Reuven Shiloah lavorerà sotto di me, opererà secondo le mie istruzioni e mi riferirà costantemente circa il suo lavoro; dal punto di vista amministrativo, tuttavia, il suo ufficio opererà nell’ambito del ministero degli Esteri […]».
Le prime operazioni
Ci sarebbero voluti ancora 15 mesi per vedere l’Istituto ultimato ed effettivamente operativo (complice il rallentamento dovuto agli attriti interni), cominciando ad occuparsi della raccolta delle informazioni all’estero solo nell’aprile del 1951. Fu così che Shiloah divenne il primo direttore del Mossad, il quale si trovò da subito a dover affrontare un’importante sfida: salvare centinaia di migliaia di ebrei dall’Iraq. La comunità ebraica irachena, infatti, era una delle più fiorenti ed antiche del mondo. I suoi membri avevano ricoperto ruoli importanti, divenendo persino membri governativi e godendo, così, di grande prestigio. La situazione cambiò durante la Seconda guerra mondiale. L’antisemitismo dilagò, complice il governo filonazista che si era instaurato a Baghdad nel 1941. L’allora primo ministro Rashid Ali al Kaylani, infatti, si era dimostrato ben felice di appoggiare Hitler in funzione antibritannica e antiebraica fino a quando, a seguito della Guerra anglo-irachena del maggio del 1941, non fu costretto a fuggire. Se l’ascesa del governo filonazista rappresentò una minaccia seria per gli ebrei iracheni (complice la forte propaganda nazista, tra cui la traduzione del Mein Kampf in lingua araba), la situazione precipitò a seguito del vuoto di potere che si era creato nel giugno del 1941 e che favorì il Farhud, un pogrom violentissimo.
Per due anni, dal 1948 al 1950, il governo iracheno vietò agli ebrei di lasciare il paese ed emigrare in Israele. Complici la Legge del Ritorno, del 1950, ad opera di Israele e una legge speciale irachena del 1951, tuttavia, l’emigrazione fu facilitata. Fu così che il Mossad e il governo israeliano operarono un enorme ponte aereo che, nel giro di pochi mesi, riuscì a portare in Israele più di 130.000 persone (operazione Ezra e Nehemia). Nel 2021 fu stimato che meno di cinque ebrei vivessero ancora in Iraq. Oltre a questo evento, i primi anni dell’Istituto sotto la sua guida di Reuven Shiloah, furono tutto sommato tranquilli: vennero impiegati per tessere stretti legami con gli Stati Uniti nell’ambito della sicurezza e per erigere la teoria delle alleanze periferiche. In pratica, essa consisteva nel bypassare i paesi ostili (sia quelli confinanti, che quelli arabi in generale), per rivolgersi ad altri, come Turchia ed Iran, due paesi decisamente filo-occidentali. L’obiettivo era, per quanto possibile, arginare l’influenza di Nasser che in quel momento era sostenuto dall’URSS (sebbene fosse tra i promotori del terzomondismo). A tal proposito, si sviluppò un’alleanza triangolare con i servizi segreti turchi e iraniani, con cui raccogliere informazioni sui progetti del governo egiziano. Ci furono, inoltre, costanti tentativi di entrare a far parte della NATO. L’adesione, unita agli eccellenti rapporti con Washington e in particolare la CIA (che permangono tuttora), era auspicabile per rafforzare la posizione israeliana ed evitare altre guerre nel Medio Oriente; tuttavia, i paesi scandinavi rifiutarono un ulteriore allargamento dell’organizzazione, ponendo fine agli sforzi di Shiloah.
Il “rapporto Chruščëv”
Il 1956 si rivelò essere l’anno decisivo per il Mossad, in quanto riuscì ad affermarsi a livello globale e a uscire dal complesso di inferiorità rispetto alle agenzie di intelligence occidentali, anche nell’ottica della Guerra fredda. Il 25 febbraio, il segretario generale del PCUS tenne il celebre discorso a porte chiuse, nel corso del quale vennero denunciati i crimini commessi da Stalin e condannate alcune pratiche (come il culto della personalità ), aprendo la strada alla destalinizzazione. La trascrizione del lungo monologo fu inviata ai leader comunisti, con l’obbligo di mantenere il massimo riserbo. In Occidente, invece, non ve n’era traccia. O almeno, è quello che si pensava. Mentre la CIA e il MI6 erano alla frenetica ricerca del rapporto, questo comparve sulla scrivania del direttore del Mossad, Isser Harel, che non esitò, per potersi accreditare di fronte alle altre agenzie, a trasmetterlo agli omologhi statunitensi. Ciò fu possibile grazie a Viktor Grajewski, un giornalista polacco e compagno della segretaria del leader politico comunista Edward Ochab. Grajewski, grazie alla relazione amorosa, riuscì a prenderlo in prestito per leggerlo. In seguito si recò all’ambasciata israeliana a Varsavia per farlo fotocopiare, e questa passò una copia al Mossad.
Dopo un’iniziale titubanza, dovuta all’imbarazzo di essere stata battuta su un tema tanto importante (e accertata la veridicità), la CIA lo fece pubblicare sul “New York Times”, provocando delle reazioni forti. Quell’evento fece capire ai servizi segreti occidentali che il Mossad, anche se agli albori, poteva essere un alleato cruciale.
Le opinioni espresse negli articoli del Belfablog sono quelle dei rispettivi autori e potrebbero non rispecchiare le posizioni del Centro Studi Machiavelli.
Foto: emigranti ebrei dall’Iraq si imbarcano dall’Aeroporto di Lod verso Ma’Abara, 1951. Pubblico dominio.
Laureato in Scienze politiche all'Università di Pisa, con una forte passione per la storia, la geopolitica e le relazioni internazionali. Ha frequentato vari corsi di approfondimento legate a queste tematiche, come il Diploma in sicurezza globale (rilasciato dall'ISPI).
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