“A colpi di leggi, diritti e tutele speciali di categorie protette,
di campagne rieducative e punitive, sta mutando la nostra vita,
il nostro rapporto con il mondo, con il sesso, la relazione con gli altri,
con il passato e con il futuro.”
Marcello Veneziani, La Cappa, 2022
La scena si svolge, di giorno, in una imprecisata località inglese, un poliziotto alquanto robusto rivolge a un signore di circa 50 anni, seduto su di una panchina: «Durante una conversazione con se stesso… apparentemente… lei sembra… aver detto “parla inglese”…». Fuori dall’inquadratura un’altra persona conferma l’accusa del poliziotto, il quale a questo punto informa il signore che «potenzialmente qualcuno potrebbe percepire questo come un crimine d’odio…». Sullo sfondo, un uomo che ha seguito la conversazione, scuote la testa, incredulo.
Severi con i “crimini d’odio” quanto deboli con le violenze di gruppo
Il breve video comparso su X qualche settimana fa riassume meglio di un saggio sociologico la tragica deriva della società britannica, che veleggia ormai senza più freni verso lidi distopici e surreali. Poliziotti che perseguitano i cittadini per le loro opinioni, li sanzionano per presunti atteggiamenti discriminatori, definiscono crimine d’odio persino le frasi che un cittadino pronuncia a bassa voce, senza rivolgerle a nessuno, ma percepite come offensive da qualche esponente di una delle tante minoranze che sembrano godere di una iper-protezione al limite del parossismo.
È lo stesso Regno Unito in cui infuriano da mesi le polemiche per le vergognose carenze investigative (ma meglio sarebbe definirle connivenze) di polizia e magistratura verso la lunga catena di crimini e violenze contro donne e bambine (si parla di almeno 1.400 vittime accertate ma la cifra potrebbe essere spaventosamente più alta), commessi da bande pakistane nella regione dello Yorkshire tra la fine degli anni ‘90 e i primi anni Duemila. Eventi nei quali è coinvolto, peraltro, l’attuale inquilino di Downing Street Keir Starmer, che per molti anni ha ricoperto l’incarico di procuratore generale ed è accusato di non avere agito per perseguire quei gravissimi reati, non volendo urtare la sensibilità delle folta comunità mussulmana che vive in quelle zone.
Tutto questo ci porta a concludere che, se c’è una realtà alla quale si può effettivamente applicare l’espressione che dà il titolo al famoso e controverso libro del generale Vannacci, il mondo al contrario, questa sembra essere proprio la Gran Bretagna del 2025. La pervasività dell’ideologia woke ha penetrato tutte le principali istituzioni del Paese, dalle università all’esercito, dalla magistratura alla scuola, e mentre oltre Oceano l’avvento di Trump ha fatto partire una poderosa retromarcia che non sembra conoscere ostacoli, nel Paese dell’Habeas Corpus la cappa del “follemente coretto” (per citare il recente libro di Luca Ricolfi) continua a gravare sulla vita dei cittadini e a produrre limitazioni sempre più ingiustificabili alla loro libertà.
Se il Regno Unito piange l’Europa non ride
Non che in altri paesi europei la situazione si possa definire molto migliore, anzi una stretta pericolosa sulla restrizione della libertà di pensiero si è registrata di recente in Germania, dove il governo ha istituito un Centro di consulenza nazionale “che offre supporto a chiunque voglia orientarsi contro le teorie del complotto che minano la coesione sociale”. Come riporta il Bundesministerium des Innern und für Heimat questo progetto nasce per combattere il fenomeno del pensiero complottista. Il centro, denominato “Beratungskompass Verschwörungsdenken” (“Bussola per l’orientamento contro il pensiero complottista”), è stato istituito per “offrire consulenza e supporto a chiunque desideri comprendere e affrontare le teorie del complotto che si diffondono sempre più, alimentando la disinformazione e creando divisioni nella società”.
Secondo gli esperti che hanno lavorato al progetto, la massima attenzione va riservata al ruolo di familiari, amici e colleghi di lavoro dei potenziali complottisti, essi sono infatti invitati a informare il personale del Centro, il quale si attiverà per “aiutare” il soggetto a combattere il morbo cospirazionista. Insomma, pare proprio che il vecchio sistema della delazione – così largamente praticato nella Germania degli anni ’30 e nell’Italia del Ventennio – piaccia molto anche al mondo woke progressista, e del resto ne si è avuta ampia conferma, anche nel nostro Paese, durante il periodo pandemico.
Con il solito, stucchevole pretesto della “lotta alla disinformazione” si vanno quindi a introdurre nei nostri ordinamenti autentiche mostruosità giuridiche, che si possono assimilare senza alcuna esagerazione agli incubi partoriti dalle menti dei molto autori di scritti distopici del ‘900, dagli ultra-citati Orwell a Huxley fino allo Zamjatin di “Noi” e al Jack London del “Tallone di ferro”.
La psichiatrizzazione del dissenso viene totalmente sdoganata da questa sinistra iniziativa non a caso concepita e realizzata in Germania, ma che potrebbe facilmente trovare imitatori in altri paesi europei.
Anche in Italia i paradigmi wokeisti sono tuttora tenuti in vita, forse in forme più frammentate, ma non meno pericolose. È quasi sempre la magistratura ad assumere la guida di questa linea, utilizzando i propri poteri in modo spesso improprio, pur di affermare i principi del progressismo più estremista. Rientra in questo quadro la recente sentenza della Cassazione che ha reimposto la grottesca dicitura “genitore 1 e genitore 2” sui documenti ufficiali in luogo di padre e madre, come prevedeva un decreto del ministro dell’Interno del 2019. Decreto che la Cassazione ha ritenuto discriminatorio in quanto non rappresentativo di tutti i nuclei familiari. In sostanza, invece di predisporre norme specifiche valide solo per le coppie omosessuali e i genitori single, si è preferito imporre a tutte le famiglie una formulazione del tutto estranea alle nostre tradizioni secolari e in palese contrasto con il più elementare buon senso.
Il fatto poi che una esponente del Partito Democratico ed ex Presidente della Camera abbia testualmente parlato di “bullismo di Stato” con riferimento all’utilizzo dei termini “padre e madre”, offre un efficace quanto inquietante spaccato del brodo di coltura ideologico nel quale una tale decisione ha potuto maturare.
La società del controllo totale, obiettivo dichiarato dei laburisti
Il panorama europeo propone molti altri esempi di incursioni più o meno pericolose del pensiero wokeista, dalla Polonia alla Francia, segno di una tuttora rilevantissima presenza e influenza degli adepti di tale apparato ideologico nei gangli vitali della politica e della società civile. Ciò che sta avvenendo nel Regno Unito dall’avvento del governo laburista di Starmer, tuttavia, sembra davvero un fenomeno di livello superiore, e mostra una connotazione sistemica che, almeno per il momento, non si riscontra altrove.
Il contesto in cui si inserisce la vera e propria persecuzione delle opinioni critiche, attraverso il massiccio utilizzo degli NCHI (Non Crime Hate Incident), è quello di una generale iper-regolamentazione di tutti gli aspetti della vita sociale, da parte di uno Stato che accresce i suoi poteri di intrusione nelle attività private delle persone e si dota a tal fine di sempre nuovi strumenti sanzionatori. Fin dal 2014, grazie alla introduzione dei PSPOs – Public Spaces Protection Orders, sono state specificamente regolamentate, limitandole o vietandole, in quanto equiparati a comportamenti anti-sociali, numerosissime attività (dormire o all’ascoltare musica all’aperto, giocare a pallone, dare cibo ai piccioni). È solo con l’insediamento nel 2023 del governo laburista guidato da Starmer, peraltro, che questo arsenale normativo ha trovato applicazione su larga scala, affermando un indirizzo politico che amplia ulteriormente la discrezionalità degli agenti nella scelta delle fattispecie su cui intervenire. Sicché la stessa codificazione contenuta nel testo del 2014, che già contiene circa 2.000 divieti, viene interpretata in modo estensivo, col risultato di costruire intorno alla vita degli inglesi una specie di rete invisibile ma oppressiva di vincoli e proibizioni.
I gruppi e le iniziative editoriali che denunciano queste derive (meritoria e di alto livello culturale soprattutto l’attività di spiked-online.com) parlano apertamente di “criminalizzazione della vita quotidiana”, e segnalano come i poteri delle forze di polizia stiano assumendo caratteristiche pericolosamente simili a quelle tipiche degli Stati totalitari.
Particolare accanimento viene esibito dalla polizia contro gli attivisti cattolici anti-aborto, i quali sempre secondo la normativa dei PSPOs, se colti a pregare nelle vicinanza di cliniche vengono sanzionati con multe pesantissime e in molti casi arrestati. In questi casi, si fa palese il legame tra politiche repressive delle libertà personali e tutela aprioristica delle posizioni proprie del mondo progressista, in particolare sui temi etici.
Le tradizioni culturali e filosofiche del mondo anglosassone hanno sempre visto in campo visioni diverse e spesso opposte del concetto di libertà, e sotto questo profilo si potrebbe pensare che le scelte dei laburisti oggi al governo si richiamino – più o meno consapevolmente – molto più al Leviatano di Hobbes che ai principi liberali di John Locke. Ma, in realtà, evocare indirizzi filosofici di tale portata e rilevanza storica per comprendere la deriva statolatrica cui si assiste oggi nel Regno Unito non coglie nel segno. Molto più convincente sembra invece l’accostamento al più compiuto esempio di società contemporanea ispirata al controllo globale e pervasivo della vita dei suoi cittadini: quella cinese. E, ancora una volta, si deve considerare come gli eventi pandemici del periodo 2020-2022, che proprio dalla Cina hanno avuto origine, abbiano costituito – a prescindere da qualunque opinione medico-scientifica sul virus e sui vaccini – un formidabile quanto deleterio esperimento sociale, che ha in qualche modo permesso alle classi dirigenti occidentali di verificare le capacità di risposta e reazione della popolazione a provvedimenti fortemente limitativi delle libertà personali e spesso totalmente in contrasto con i principi dello stato di diritto.
Ed è innegabile che in molti Paesi di questo esperimento, una volta esaurita l’emergenza Covid, si è cercato di evitare l’archiviazione, ma anzi di utilizzarne i risultati per dotarsi di strumenti di potere sempre più invasivi e discrezionali.
Ed è piuttosto inquietante notare come queste “prove generali” di totalitarismo morbido (ma poi neanche troppo) vadano in scena proprio mentre i principali governi e partiti del blocco progressista in Europa vedono drammaticamente calare la fiducia e i consensi dei cittadini, e si arroccano su posizioni sempre più ostili al processo democratico, fino a evocare e addirittura a proporre esplicitamente la messa fuori legge dei partiti di opposizione.
Le opinioni espresse negli articoli del Belfablog sono quelle dei rispettivi autori e potrebbero non rispecchiare le posizioni del Centro Studi Machiavelli.
Immagine: SKSCartoon
Laureato in Giurisprudenza (Università Sapienza), dopo una breve esperienza come funzionario del Ministero del Lavoro è stato consigliere parlamentare alla Camera dei Deputati per oltre trent'anni.
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