di Daniele Scalea

Sono ormai settimane che nel mondo si discute animatamente sul caso di Imane Khelif, la pugile algerina che, secondo molti, sarebbe in realtà un pugile cui è indebitamente concesso di partecipare alla competizione olimpica femminile.

Dalla veemente polemica è emersa molta confusione su chi e cosa sia davvero Imane Khelif: in mezzo ad accuse incrociate di fake news, alcuni ne parlano come di un transgenere, altri come di un “intersessuale”, altri ancora come di una donna biologica vittima di una campagna diffamatoria solo perché dai tratti mascolini. Chi ha davvero ragione? Cercheremo di spiegarlo in questo articolo. Ma prima, è necessaria una breve introduzione.

Perché esiste un categoria femminile nello sport?

Fino a qualche anno fa questo paragrafo sarebbe stato superfluo, ma nell’epoca in cui le teorie costruttiviste negano le differenze tra i sessi, si rende necessario.

Negli sport sono state create categorie femminili per permettere alle donne di poter competere con avversari alla loro portata. Infatti, gli uomini hanno vantaggi fisici decisivi in quasi ogni sport. Ciò è osservabile empiricamente, partendo dai risultati.

Il record di corsa sui 100 metri è di 9″58 per gli uomini e di 10″49 per le donne. Malgrado quest’ultimo si tratti di un record sensazionale (e molto chiacchierato all’epoca) che resiste dagli anni ’80, a Tokyo 2020 quel tempo non avrebbe permesso di passare nemmeno le batterie tra gli uomini. Il tempo peggiore di qualifica ai turni preliminari negli uomini (10″63) è pari all’ottavo miglior tempo mai realizzato da un’atleta donna.

Anche passando a uno sport in cui sono importanti, oltre alla fisicità, pure le qualità tecniche e tattiche, il verdetto è inequivocabile. Nel 2017 la nazione femminile americana di calcio (una delle migliori al mondo, che aveva vinto il mondiale due anni prima e si sarebbe riconfermata due anni dopo) sfidò in un’amichevole la selezione maschile under-15 del FC Dallas uscendo sonoramente sconfitta dagli avversari quattordicenni. Questo risultato non è anomalo, ma confermato da una serie di partite similari: ad esempio la pur quotata nazionale femminile dell’Australia perse addirittura 0-7 contro una squadra di quindicenni.

Il dimorfismo sessuale

Per ragioni di spazio non ci dilunghiamo oltre con gli esempi, ma passiamo immediatamente alla spiegazione. Il dimorfismo sessuale riguarda non solo gli organi riproduttivi, ma una serie di importanti caratteristiche “secondarie”. Mediamente, i maschi hanno il 30-40% di massa muscolare in più delle femmine e ossa più lunghe e più dense. Ciò si traduce in maggiore forza e capacità d’esercitarla senza infortunarsi. Gli uomini possono ad esempio saltare il 25% più in alto delle donne, colpire con un pugno il 30% più forte, accelerare il 20% più veloce.

Queste differenze non sono una “costruzione sociale”, ma l’effetto della genetica (sono stati identificati 3000 geni che influiscono sul solo dimorfismo sessuale relativo ai muscoli) e degli ormoni, in particolare del testosterone. Quest’ultimo è prodotto tanto dalle ovaie quanto dai testicoli, ma in quantità molto differenti. I valori di testosterone nelle donne sono compresi tra 0,5 e 2,4 nmol/L, per l’uomo sono tra 10 e 35 nmol/L. Le donne con sindrome dell’ovaio policistico hanno valori superiori di testosterone, ma comunque lontani da quelli maschili (al massimo 5 nmol/L).

Lo scontro IBA-CIO

Nel 2023 l’IBA (International Boxing Association) ha escluso Imane Khelif dai mondiali femminili di New Dehli. L’IBA, con sede a Losanna, è la federazione del pugilato dilettantistico che organizza le maggiori competizioni mondiali, inclusa la gara olimpica fino al 2019, quando si acuì lo scontro col Comitato Olimpico Internazionale (CIO). Una sfida non estranea a motivazioni politiche più che sportive: la Russia è influente dentro l’IBA, che ha ricominciato anche ad ammettere atleti russi e bielorussi sotto le rispettive bandiere nazionali e per un certo periodo ha avuto in Gazprom uno dei top sponsor, mentre il CIO dipende finanziariamente da sponsor occidentali e dagli accordi con le emittenti televisive americane.

Sul piano più strettamente sportivo, CIO e IBA divergono sul modo in cui affrontare la questione degli atleti trans-genere.

Nel novembre 2021 il CIO ha rilasciato il suo Framework on Fairness, Inclusion and Non-Discrimination on the Basis of Gender Identity and Sex Variations. In tale documento, chiaramente ispirato dai princìpi dell’ideologia gender, si afferma che “agli atleti dev’essere consentito di competere nella categoria che meglio si attaglia alla loro auto-definita identità di genere”. Sebbene sia consentito testare “le prestazioni e capacità fisiche degli atleti”, questi test non devono essere “mirati” o “finalizzati a determinare il loro sesso, identità di genere e /o variazioni sessuali”. Un uomo trans-genere (ossia che si auto-identifica come donna) o trans-sessuale (che abbia compiuto un percorso farmacologico-chirurgico di transizione) non può essere ipso facto escluso dalle categorie femminili. Esplicitamente proibiti sono “gli esami ginecologici o forme similari di esami fisici invasivi, finalizzati a determinare il sesso, le variazioni sessuali o il genere dell’atleta”.

Sebbene il documento ammetta la possibilità di escludere un atleta che abbia un “vantaggio competitivo, ingiusto, sproporzionato”, dalla sua lettura risulta chiaro come il CIO cerchi di rendere il più difficile possibile alle federazioni sportive procedere a tali esclusioni. Finalità del framework è favorire l’ingresso degli atleti “transgender” nelle competizioni femminili.

La posizione IBA su Imane Khelif

È molto importante tenere presente le posizioni del CIO appena descritte, perché aiutano a comprendere cosa esso intenda quando, nel rifiutare le conclusioni degli esami medici dell’IBA su Imane Khelif, asserisce che “il test, il metodo di test, l’idea di testare dall’oggi al domani, non sono legittimi”. Il CIO non entra nel merito dei test, ma ritiene “illegittimo” (secondo le “leggi” che esso stesso ha stabilito) il fatto stesso che si possa scegliere di effettuare dei test su atlete “sospette” per determinare se siano veramente donne.

Ma cosa ha determinato l’IBA rispetto a Imane Khelif?

Il 24 marzo 2023 l’IBA ha squalificato l’algerina/o (al pari di Lin Yu-ting, anch’esso/a in lizza per il titolo olimpico a Parigi) dai suoi mondiali di New Dehli perché “non soddisfa i criteri di ammissibilità alla competizione femminile”. Per ragioni di riservatezza non viene esplicitato quale tipo di esame sia stato compiuto, ma si precisa che non si tratta di una rilevazione del testosterone e che il test è stato compiuto, coi medesimi risultati, tanto a Istanbul nel 2022 quanto a New Dehli nel 2023. Il presidente dell’IBA Umar Kremlev, pur senza menzionare Khelif e Lin Yu-ting, nel suo canale Telegram scrisse che erano stati squalificati atleti “con cromosomi XY”. Non essendovi state altre squalifiche a quei mondiali, è evidente che si riferisse a loro.

Il giornalista sportivo Alan Abrahamson ha recentemente scritto di aver potuto visionare sia la lettera indirizzata dall’IBA al CIO, sia i risultati dei test. Egli conferma che Imane Khelif e Lin Yu-ting, a seguito di un’analisi del cariotipo, avrebbero DNA maschile con cromosomi XY.

Lin Yu-ting non si appellò contro il verdetto. Imane Khelif presentò appello al Tribunale Arbitrale dello Sport di Losanna, salvo ritirarlo successivamente. Malgrado da oltre un anno sia di dominio pubblico, ancorché non ufficiale, che l’IBA li accusi di essere geneticamente uomini, nessuno dei due atleti ha ritenuto di presentare un’analisi cromosomica che lo smentisca. Di Imane Khelif è stata mostrata solo una foto dell’infanzia con un vestito rosa.

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Cosa significa avere cromosomi XY

I cromosomi sono le strutture filiformi, contenute nel nucleo delle cellule, che contengono il DNA dell’organismo. Negli esseri umani le cellule di ogni individuo contengono 46 cromosomi in 23 coppie: 22 coppie sono di autosomi, presenti in entrambi i sessi, mentre la ventitreesima è XX per le femmine e XY per i maschi.

Se l’analisi cromosomica rivela la presenza di una coppia di cromosomi XY, allora il soggetto in questione è un uomo.

Come può Imane Khelif avere cromosomi XY?

Il punto è che, per quanto ne sappiamo, Imane Khelif non è un “transgender”, come erroneamente hanno sostenuto alcuni. Transgender è, ad esempio, il nuotatore americano William Thomas, che per alcuni anni col nome di Lia Thomas ha militato nella categoria femminile prima di essere escluso, nel 2022, dalla FINA. Thomas è infatti un uomo che all’età di 20 anni ha deciso di auto-identificarsi come donna e avviare una “terapia” ormonale.

Khelif, per quanto ne sappiamo, fu riconosciuta come femmina alla nascita, è stata allevata come una femmina e ha ricevuto documenti come individuo di sesso femminile, e questo in Algeria che non è certo uno dei Paesi capifila nell’accettazione della teoria gender. Come si può coniugare ciò col fatto che abbia cromosomi XY secondo i test dell’IBA, mai confutati?

Ciò è possibile se Khelif soffre di un disturbo della differenziazione sessuale (DSD). Tale conclusione è stata suggerita, oltre che dall’IBA, anche dal CIO. Infatti, il 3 agosto il suo presidente Thomas Bach ha dichiarato in conferenza stampa che quello di Khelif “non è un caso di DSD”. Ma dopo poche ore il CIO ha emanato una correzione, affermando che in realtà Bach intendeva dire che “non è un caso di trans-genere”. Excusatio non petita accusatio manifesta. La precisazione del CIO suggerisce che esso sia conscio trattarsi proprio di un caso di DSD.

Cosa è il DSD

Il disturbo della differenziazione sessuale, che può essere di varia natura, si manifesta spesso in un quadro di ambiguità dei genitali al momento della nascita. Infatti, fino alla decima settimana di vita fetale i genitali esterni sono uguali negli embrioni maschili o femminili e solo successivamente essi si differenziano sotto l’effetto degli ormoni. Le condizioni che influenzano l’ambito sportivo sono quelle che interessano individui geneticamente maschili, come la 5-ARD (deficienza 5-alfa reduttasi) e la parziale insensibilità agli androgeni (PAIS).

5-alfa reduttasi è un enzima deputato alla conversione del testosterone in diidrotestosterone. La sua azione è importantissima durante la vita nell’utero, poiché determina lo sviluppo dei genitali esterni maschili. La deficienza fa sì che tale sviluppo sia incompleto. Tuttavia, chi soffre di 5-ARD sviluppa comunque gli altri caratteri maschili nel corso della pubertà, poiché essi dipendono in massima parte dal testosterone, che è prodotto dai testicoli, comunque presenti in chi soffre di questa sindrome.

Anche nel caso della PAIS, l’individuo maschile avrà uno sviluppo anomalo dei genitali esterni a causa della ridotta risposta cellulare all’azione degli ormoni androgeni. Nel corso della pubertà, si sviluppa una combinazione di caratteri femminili e maschili.

Insomma: individui geneticamente maschili (con coppia cromosomica XY), se affetti da DSD possono sviluppare genitali esterni ambigui o femminili, che possono portare a identificarli come femmine alla nascita. Essi avranno tuttavia gonadi maschili funzionanti, ossia testicoli che, pur non essendo discesi dalla cavità addominale fino allo scroto, producono testosterone che i ricettori androgeni leggono e processano inducendo durante la pubertà uno sviluppo dei caratteri maschili, tra cui quelli, sopra menzionati, che conferiscono un enorme vantaggio nello sport. Il livello di testosterone negli individui con questi disordini è all’interno dell’intervallo maschile, un range ben più elevato (10-30 volte) di quello femminile. Essi, anche se identificati come donne, sono uomini con capacità atletiche mediamente fuori scala per avversari geneticamente femminili.

Un esempio concreto è quello di Caster Semenya, atleta sudafricano. Nel corso del suo contenzioso giudiziario con la IAAF, federazione internazionale dell’atletica, si è scoperto essere un maschio affetto da 5-ARD e con testosterone nell’intervallo maschile. Fino al 2018 – quando cioè la IAAF ha posto un limite al testosterone massimo con cui si può essere ammessi alle gare femminili – Semenya aveva gareggiato tra le donne, vincendo due ori olimpici e tre mondiali negli 800 metri.

Conclusione

Sebbene il caso Imane Khelif abbia suscitato polemiche globali fino ai massimi livelli sportivi e politici, mancano informazioni certe. Ciò è dovuto tanto agli obblighi di riservatezza sulle condizioni mediche, quanto alla scelta di Khelif di non affrontare in tribunale l’IBA né di rendere pubblica alcuna documentazione medica che possa smentire l’affermazione ufficiosa dell’IBA. La medesima ambiguità è stata mantenuta dal CIO. In questo clima si sono rincorse le voci e teorie più disparate, alcune delle quali però del tutto infondate. Non c’è infatti nessun elemento oggettivo per sostenere che Imane Khelif sia un transgender, ma nemmeno per affermare con certezza che si tratti di una donna con cromosomi XX. Al momento, l’unica versione coerente è quella presentata, seppur in via ufficiosa, dall’IBA, e apparentemente confermata anche dal CIO, ossia che Imane Khelif sia geneticamente maschio ma assegnato al sesso femminile alla nascita per via di disordini nella differenziazione sessuale. Tali disordini non influiscono però sensibilmente sul livello di testosterone e, dunque, Imane Khelif avrebbe affrontato la pubertà maschile, sviluppando un fisico maschile che dà un enorme vantaggio competitivo su avversarie femmine.

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Fondatore e Presidente del Centro Studi Machiavelli. Laureato in Scienze storiche (Università degli Studi di Milano) e Dottore di ricerca in Studi politici (Università Sapienza), è docente di "Storia e dottrina del jihadismo" presso l'Università Marconi e di "Geopolitica del Medio Oriente" presso l'Università Cusano, dove in passato ha insegnato anche in merito all'estremismo islamico.

Dal 2018 al 2019 è stato Consigliere speciale su immigrazione e terrorismo del Sottosegretario agli Affari Esteri Guglielmo Picchi; successivamente ha svolto il ruolo di capo della segreteria tecnica del Presidente della Delegazione parlamentare presso l'InCE (Iniziativa Centro-Europea).

Autore di vari libri, tra cui Immigrazione: le ragioni dei populisti, che è stato tradotto anche in ungherese.