Studiare il Rinascimento è «razzista». O meglio, mette in ombra «altre tradizioni artistiche ugualmente meritevoli di studio». È con questa motivazione che il corso introduttivo di Storia dell’Arte dell’Università di Yale (New Haven, Connecticut), una delle più prestigiose ed esclusive al mondo, è stato cancellato dal preside del Dipartimento, Tim Barringer, lo scorso 24 gennaio.

Il corso sul Rinascimento, fiore all’occhiello dell’insegnamento umanistico dell’università americana, dal quale sono passati pressoché tutti i più alti dirigenti dei Beni Culturali statunitensi, era, secondo Barringer, divenuto fonte di «disagio» per gli studenti, a causa del fatto che quel periodo storico-artistico era «un prodotto di un gruppo di artisti straordinariamente bianco, etero, europeo e maschile». Così il Dipartimento di Storia dell’Arte offrirà presto una serie di altri corsi, come «Arte e politica», «Artigianato globale», «La via della seta» e «Luoghi sacri». Barringer ha aggiunto che in due o tre anni, il suo dipartimento sarà in grado di metter su un corso sostitutivo di introduzione alla Storia dell’Arte sempre di altissimo livello, ma che eviti di suggerire che l’arte sia quella europea, bianca, maschile ed eterosessuale, «con tutto il resto lasciato ai margini». E non è finita. Il nuovo corso, spiega il preside, sarà incentrato su «questioni di genere, classe e razza e discuterà del suo coinvolgimento con il capitalismo occidentale», aggiungendo che si parlerà anche delle relazioni fra l’arte e i cambiamenti climatici come «tema chiave».

L’attacco a questo corso era nell’aria. Due anni fa la docente di Lingue e Civiltà orientali e Discipline Umanistiche, Kathryn Slanski, aveva derubricato gli artisti rinascimentali a nulla più che «maschi bianchi morti». Nel 2017 un gruppo che voleva organizzare una mostra di arte europea classica nell’Istituto d’Arte di Minneapolis è stato aggredito a pugni da un gruppo antifa che li accusava di propugnare «la cultura bianca». Più di recente il David di Michelangelo è entrato nel mirino di alcuni commentatori – ospitati anche su riviste online abbastanza diffuse e autorevoli, come “ArtnetNews” – perché sarebbe diventato un «simbolo» per i «suprematisti bianchi» che con la loro attività di propaganda dell’arte classica avrebbero «terrorizzato i campus universitari di tutta l’America».

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Tuttavia, al di fuori dell’ambiente dei «social justice warriors» e del marxismo culturale universitario USA, le reazioni sono state decisamente negative, in tutto il mondo. Il “New York Post” ha parlato di «barbari», di «una banda di visigoti iper-istruiti» e di «idiozia del politicamente corretto», “RT” ha stigmatizzato l’attacco femminista ai canoni estetici dell’Occidente che ha distrutto la capacità delle accademie di rimanere efficienti trasmettitori di cultura. “Le Figaro” ha denunciato una «dittatura delle identità» e un «repulisti moralistico dell’arte».

Nel frattempo l’ultimo anno di corso tradizionale a Yale è stato preso d’assalto dagli studenti. In oltre quattrocento hanno fatto richiesta d’accesso a un corso a numero chiuso che prevede solo trecento posti. Sarà interessante fare il confronto con il futuro programma, a rischio di divenire l’ennesimo caso di «get woke go broke», un gioco di parole traducibile – malamente – con «fai lo sveglio ma prendi le sveglie», con cui ci si riferisce sarcasticamente a tutti quei casi in cui il politicamente corretto si è imposto dal cinema alla politica, dai prodotti commerciali a quelli culturali, ottenendo perdite economiche devastanti. Ovviamente, perché «il pubblico non ha capito».


Emanuele Mastrangelo è redattore capo di “Storia in Rete”

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Redattore del blog del Centro Studi Machiavelli "Belfablog", Emanuele Mastrangelo è stato redattore capo di "Storia in Rete" dal 2006. Cartografo storico-militare, è autore di vari libri (con Enrico Petrucci, Iconoclastia. La pazzia contagiosa della cancel culture che sta distruggendo la nostra storia e Wikipedia. L'enciclopedia libera e l'egemonia dell'informazione).