Era il 9 dicembre 2005 quando l’allora presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, conferì a Norma Cossetto la medaglia d’oro al merito civile con la seguente motivazione: “Giovane studentessa istriana, catturata e imprigionata dai partigiani slavi, veniva lungamente seviziata e violentata dai suoi carcerieri e poi barbaramente gettata in una foiba. Luminosa testimonianza di coraggio e di amor patrio”. Il riconoscimento del Capo dello Stato ne sdoganò finalmente la memoria, sepolta per decenni sotto una coltre di oblio insieme a migliaia di fatti analoghi avvenuti al confine orientale italiano. Ma la tragedia della giovane italiana uccisa dai partigiani titini non trova ancora pace; dal silenzio complice si è passati alla danza macabra del negazionismo e dell’insulto.

Lo dimostra – ultimo in ordine di tempo – quanto si sta consumando a Lecce, dove una mozione in consiglio comunale per dedicare una via alla martire istriana ha provocato la reazione della sezione locale dell’Anpi. Ecco cosa affermano gli epigoni salentini dei partigiani: “Se la decisione di attribuire alla senatrice Liliana Segre la cittadinanza onoraria va nella giusta direzione della memoria pubblica dell’Olocausto e del contrasto necessario all’odio antisemita, la decisione simultanea di titolare una via a una presunta martire delle foibe, su proposta della destra post-fascista, è deplorevole e mistifica la memoria della guerra partigiana di Liberazione che fu un fatto storico europeo”.

Ci risiamo. L’Anpi, lautamente foraggiata da soldi pubblici, continua a perorare la causa del negazionismo e del revisionismo sulle foibe. L’appuntamento con le polemiche arriva ogni anno, puntuale, a ridosso della data in cui si celebra il Giorno del Ricordo, il 10 febbraio. L’anno scorso a suscitare indignazione furono il patrocinio dell’Anpi ad un convegno negazionista a Parma e, qualche giorno prima, il post su Facebook dell’Anpi di Rovigo che definiva le foibe “fandonie” inventate dai fascisti. Quest’anno nuove polemiche per l’apertura del Senato a un convegno dell’Anpi sulle foibe senza che fosse presente un rappresentante degli esuli.

Il furore ideologico soffia più forte dell’evidenza dei fatti. Non basta la medaglia d’oro al merito civile per convincere i custodi dell’eredità comunista che Norma Cossetto fu vittima di barbarie da parte di combattenti con la stella a cinque punte. Un gruppetto di compagni, nel dicembre 2018, irruppe in un cinema di Pordenone dove si stava proiettando il film Red Land – Rosso Istria, che racconta quella tragedia. Sui volantini consegnati ai presenti la studentessa istriana veniva accusata di essere una “fascista”, come a dire che quel destino crudele se lo fosse meritato. È con il favore delle tenebre, invece, che a Latina ignoti hanno vandalizzato ben cinque volte una targa dedicata alla martire istriana. E poi ci sono i fatti di Genova. Qui l’assessore regionale Giovanni Berrino, ad ottobre, aveva annunciato di aderire alla proposta di indire il 5 ottobre (anniversario della morte della Cossetto) come data in ricordo delle vittime della violenza partigiana durante e dopo la seconda guerra mondiale. Apriti cielo. Gli alfieri della bandiera con la falce e martello sono sobbalzati, in una nota hanno accusato l’assessore di fare un “becero tentativo di revisionismo filo fascista facendo leva sulle menzogne di Pansa”. Negando l’evidenza dei fatti, il furore ideologico svela così il suo paradosso. Mentre si conducono copiose campagne contro la violenza sulle donne, si liquidano come menzogne le atrocità inflitte a ragazzine la cui sorte mina la narrazione comunista.

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Federico Cenci, giornalista, collabora con varie testate.

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Giornalista e scrittore, ha lavorato per l’agenzia di stampa cattolica "Zenit" e per "In Terris". Attualmente collabora con varie testate, tra cui "Il Quotidiano del Sud", "Culturaidentità", "International Family News". Per Eclettica Edizioni ha dato alle stampe nel maggio 2020 il libro Berlino Est 2.0 - Appunti tra distopia e realtà.