A intervalli si prova a rimettere sul tavolo la riforma della cittadinanza italiana. Argomento che rimbalza dal pulpito del politico a quello dell’altare. C’è chi ne parla come dell’emergenza nazionale, chi come della panacea di tutti i mali, chi, ancora, immagina che l’approvazione dello ius culturae porterebbe all’integrazione completa di migliaia di bambini che così potranno vivere da protagonisti la nostra cultura, le nostre tradizioni. C’è infine chi parla di una integrazione finalmente sicura.

Se pensiamo ai crismi dell’urgenza sono però i primi a crollare. Sfogliando i numeri, l’Italia è infatti il Paese che concede il più alto numero di cittadinanze. Il 2017 finora è stato l’anno record, con 224.000 persone che hanno ottenuto la cittadinanza. E di questi, uno su tre è un minore di 15 anni, secondo il dato rielaborato dalla Fondazione Ismu. Nel 2018, si ha una leggera flessione di questi numeri, ma comunque in 112.523 acquisiscono la cittadinanza.

La versione rivista, peggiorata e più pericolosa dello ius soli, pretende di estendere il diritto di cittadinanza a chiunque, arrivato in Italia prima dei dodici anni, vi abbia completato un ciclo di studi di appena cinque. Un progetto basato su un formato di scuola pubblica che molto raramente fornisce modelli di identità nazionale persino a chi è italiano. Come può un bambino che vive in alvei familiari contrassegnati da identità culturali, religiose e valoriali agli antipodi rispetto alle nostre, in cinque anni dirsi, sentirsi e desiderarsi italiano?

Si discute poi di sicurezza. Ma si sottovaluta che l’approvazione del disegno di legge farebbe aumentare in un baleno il numero di famiglie di immigrati pronte a tentare la traversata pur di garantire ai figli un passaporto italiano, e quindi anche il numero dei minori non accompagnati. L’Italia diventerebbe alla stregua della Francia dove la concessione ai cittadini delle ex colonie ha dato vita al celebre fenomeno delle seconde e terze generazioni diventate le incubatrici del terrorismo

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Oltretutto sarebbe il solito cavallo di Troia capace di estendere, come accade spesso in questi casi, la cittadinanza anche a fratelli e sorelle che il piano di studi magari neanche lo hanno iniziato.

E nel frattempo, mentre la classe politica si batte il petto, le famiglie immigrate chiedono a gran voce carne halal per i loro figli nelle mense delle scuole italiane. Alla faccia dell’integrazione.


Lorenza Formicola, giornalista e saggista, scrive per “Il Giornale” e la “Nuova Bussola Quotidiana”.

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Saggista e pubblicista, è analista del mondo arabo e islamico. Si occupa di immigrazione e sicurezza, con una particolare attenzione alla nuova islamizzazione dell'Europa. Scrive soprattutto per "La Nuova Bussola Quotidiana", "Analisi Difesa" e "Il Giornale".