Luigi Di Maio, nel corso delle trattative col PD, aveva invocato un Green New Deal per l’Italia. Lo stesso Giuseppe Conte ha ribadito l’impegno ambientalista del nascituro governo giallo-rosso, subito dopo aver ricevuto l’incarico dal capo dello Stato. E la formula Green New Deal è stata inserita come quinto punto del nuovo governo PD-M5S.
Ma esattamente da dove viene il termine Green New Deal? Si tratta di un piano proposto al Congresso americano dalla deputata democratica Alexandria Ocasio-Cortez e dal senatore democratico Ed Markey lo scorso febbraio. Il progetto mira ad attuare, nel giro di dieci anni, una transizione degli Stati Uniti verso un uso delle fonti rinnovabili al 100%, azzerando così le emissioni da effetto serra. Tale obiettivo principale dovrebbe essere accompagnato da una serie di importanti risultati: la creazione di milioni di posti di lavoro ben retribuiti, significativi investimenti nel settore delle infrastrutture, la tutela delle minoranze etniche, la realizzazione di un’attività industriale e agricola sostenibile.
Detta così, sembrerebbe un progetto idilliaco. Peccato tuttavia che la realtà rischi di rivelarsi ben diversa. Secondo uno studio condotto dalla Heritage Foundation, l’impatto che questo piano avrebbe sull’economia statunitense potrebbe risultare disastroso. Entro il 2040, si assisterebbe infatti a una serie di conseguenze particolarmente negative: la cancellazione di oltre 5,2 milioni di posti di lavoro, una perdita di reddito totale di oltre 165.000 dollari per una famiglia di quattro persone, una diminuzione del PIL di circa 15 trilioni di dollari e rincari del 30% nelle bollette per l’elettricità. Tutto questo, senza significativi benefici ambientali.
Se qualcuno dovesse nutrire dubbi sull’analisi della Heritage Foundation, bisogna ricordare che nello stesso Partito Democratico americano si registra non poco scetticismo. La senatrice californiana, Dianne Feinstein, ha dichiarato che “non c’è modo di pagare” per quello che prevede la proposta, mentre il senatore del West Virginia, Joe Manchin, ha definito il Green New Deal un sogno del tutto irrealistico. Per il senatore dell’Alabama, Doug Jones, il piano sarebbe invece troppo radicale. E anche la Speaker della Camera, Nancy Pelosi, ha mostrato un certo scetticismo sulla proposta: proposta che, lo scorso marzo, ha rimediato una sonante bocciatura in Senato (con alcuni esponenti dem che hanno votato insieme ai repubblicani, per affossarla).
Se le correnti della sinistra si dicono tendenzialmente favorevoli alla misura, molti democratici temono tuttavia che questo piano risulti eccessivamente radicale, contribuendo così a rinforzare la linea del presidente Trump, il quale sta da tempo additando l’Asinello (il Partito Democratico americano) come una forza politica sempre più ostaggio di posizioni barricadiere e oltranziste. Insomma, le aree centriste del Partito Democratico sono perfettamente consapevoli del fatto che il Green New Deal costituisca un assist per Trump e repubblicani.
E, non a caso, il presidente americano considera la questione un punto fondamentale su cui battere in campagna elettorale.
Stefano Graziosi è corrispondente di esteri per “La Verità”, autore del libro “Apocalypse Trump”.
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