Certo che la vicenda della Sea Watch è una strumentalizzazione politica sulla pelle di 42 migranti. Ma il colpevole non è il Ministro Salvini bensì l’ong stessa.

Infatti la nave, anziché gironzolare attorno a Lampedusa, in 13 giorni avrebbe avuto tutto il tempo di raggiungere la Spagna, la Francia o qualche altro Paese progressista ed accogliente, o anche l’Olanda di cui batte bandiera o la Germania in cui è registrata l’omonima ong. Tutti Paesi, per inciso, che sarebbero mete più gradite anche dai migranti a bordo. Qui cade l’alibi utilizzato per la Libia o la Tunisia, ossia il “supremo” interesse dei migranti.

La comandante della Sea Watch – subito beatificata dalla stampa italiana (o forse sarebbe meglio dire “anti-italiana”?) – vuole a tutti i costi sbarcare in Italia e solo in Italia. Perché, se non per imbastire un bell’attacco mediatico contro il nostro Governo, particolarmente sgradito a certe ong e ai loro sponsor politici? Ecco allora che si palesa il reale “supremo interesse”: quello di un’azione che si potrebbe quasi definire di “guerra”, non convenzionale e asimmetrica, condotta con mezzi non militari, secondo una tendenza sempre più caratteristica della nostra epoca, ma il cui obiettivo rimane quello di danneggiare l’interesse e la reputazione dell’Italia.

L’obiettivo principale della campagna delle ong non sono cioè i salvataggi in mare. I “soccorsi” sembrano avvenire a prescindere dall’effettiva necessità; e comunque un naufragio volutamente provocato dai trafficanti per giustificare l’intervento di navi che trasportino “il carico” a destinazione meriterebbe una nuova classificazione, diversa da quella così nobile di “salvataggio”. Il rifiuto di sbarcare in Africa (malgrado, come in questo caso, l’intervento sia avvenuto in zona SAR libica) mostra che l’obiettivo delle ong è l’immigrazione in Europa, prima ancora della ricerca e soccorso. La pervicacia, con cui si cerca di imporre all’Italia il ruolo di porto di sbarco, dimostra inoltre l’esistenza di un’offensiva contro un Governo sgradito all’élite cosmopolita (sì, proprio quella delle “Capitane” poliglotte con studi in costose università estere). Sgradito, il Governo, assieme al popolo italiano che lo ha espresso a maggioranza.

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Daniele Scalea è Presidente del Centro Studi Machiavelli e autore di “Immigrazione. Le ragioni dei populisti”.

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Fondatore e Presidente del Centro Studi Machiavelli. Laureato in Scienze storiche (Università degli Studi di Milano) e Dottore di ricerca in Studi politici (Università Sapienza), è docente di "Storia e dottrina del jihadismo" e "Geopolitica del Medio Oriente" all'Università Cusano. Dal 2018 al 2019 è stato Consigliere speciale su immigrazione e terrorismo del Sottosegretario agli Affari Esteri Guglielmo Picchi. Il suo ultimo libro (come curatore) è L'attualità del sovranismo. Tra pandemia e guerra.